martedì 10 marzo 2009

La morte dell’informazione: i media e la guerra di Gaza [estratto]

"Il postulato democratico è che i media sono indipendenti e hanno il compito di scoprire e di riferire la verità, non già di presentare il mondo come i potenti desiderano che venga percepito” (N.Chomsky)



Questo tentativo di analisi critica vuole spiegare in che modo i media italiani, nello specifico la televisione, hanno rappresentato l’attacco militare israeliano alla Striscia di Gaza. Sono state prese in considerazione le edizioni del TG1 e del TG5, i notiziari italiani più seguiti, ma si potrebbe estendere la ricerca ai principali media internazionali e giungere a conclusioni pressoché analoghe. Il principale obiettivo è, prima ancora di illustrare come i media hanno distorto la realtà, mettere i gestori dell’informazione di fronte alle proprie responsabilità per aver avallato l’attacco, fornendone la necessaria copertura e la giustificazione ideologica: questo li rende complici dei crimini di guerra e contro l’umanità commessi durante l’ultima guerra a Gaza. […] Fattore fondamentale nel successo politico-militare israeliano è l’efficacia e l’organizzazione della propaganda, la versione dei fatti israeliana accettata quasi senza critiche e senza riscontri. […] Uno dei primi mezzi propagandistici utilizzati consiste nel definire i termini del dibattito, il contesto, il punto di partenza. Nello stabilire le priorità. […] Il punto di partenza del conflitto viene così fissato dai principali media italiani e internazionali al 19 dicembre, giorno in cui Hamas avrebbe rotto unilateralmente la tregua riprendendo il lancio dei missili. I bombardamenti sulla Striscia di Gaza da parte di Israele iniziati il 27 dicembre vengono quindi definiti dai media come una risposta al lancio dei razzi. La tregua di 6 mesi firmata il 19 giugno 2008 da Hamas e da Israele sanciva come punti principali la fine dell’embargo su Gaza in cambio della cessazione del lancio di missili. Quello che i media hanno deliberatamente ignorato è che Hamas ha quasi scrupolosamente rispettato la tregua, lanciando alcuni razzi solo in risposta ad operazioni militari israeliane. Durante i sei mesi di tregua, 49 palestinesi sono stati uccisi e nessun israeliano. I media non hanno riportato il fatto che Israele non ha mai posto fine all’embargo: 262 palestinesi sono deceduti per la mancanza di adeguate cure mediche[1] e molte persone sono state ridotte alla disoccupazione, alla povertà, alla malnutrizione [2]. La tregua è stata interrotta il 4 novembre dalle forze israeliane con l'uccisione di 6 miliziani di Hamas durante un' incursione aerea e terrestre. […] Accendendo improvvisamente i riflettori il 19 dicembre, presentando la rottura della tregua come una decisione unilaterale di Hamas, la propaganda mediatica può giustificare le azioni israeliane come “reazioni”, e le azioni palestinesi come “attacchi”: i palestinesi sono sempre associati alla violenza, all’aggressività, quasi fosse per naturale vocazione. I palestinesi sono la causa del problema. Gli israeliani invece sono semplicemente costretti a “reagire” per “autodifesa”. Questa cronologia degli eventi non è solo confermata dal quotidiano inglese The Guardian [3] , ma si trova in dettaglio in un rapporto della stessa intelligence israeliana [4]. […]
La mancanza di contesto storico, delle origini e dell’evoluzione del conflitto, è un altro strumento propagandistico di distorsione della realtà. Ogni evento è presentato come avulso dalla storia passata e perfino dalla geografia. La decontestualizzazione porta il telespettatore disorientato ad affidarsi completamente alle notizie, non avendo strumenti di lettura della realtà. […] Nella propaganda dei media non è stato possibile trovare un solo riferimento a chi è l’occupante (Israele) e a chi è sotto occupazione (i palestinesi della Cisgiordania e della Striscia di Gaza), […] al Muro di annessione, al regime di apartheid messo in piedi, alle continue violazioni del diritto internazionale e delle risoluzioni delle Nazioni Unite da parte dell’occupante[5]. […]
Alla luce di quanto descritto risulta evidente un utilizzo tendenzioso del linguaggio, altro strumento di distorsione della realtà. I Palestinesi attaccano, lanciano razzi, rompono la tregua. Gli israeliani rispondono, reagiscono, si autodifendono. Non è strano e illogico che un esercito occupante si “difenda” e una popolazione occupata “attacchi”? È sensato dire che se i palestinesi lanciano razzi contro i civili israeliani sono “terroristi”, ma se lo fa l’esercito israeliano si tratta di “operazione di sicurezza”? Come mai nessun organo di informazione ha mai menzionato parole chiave del conflitto come “occupazione”, “colonizzazione e colonie”, “detenzioni amministrative”, “apartheid”, “terrorismo di stato”, “violazione del diritto internazionale” ? L’omissione è una colpa. Ancora, una delle ragioni dell’attacco era interrompere il contrabbando di armi dal confine egiziano verso la Striscia. […] Nessuno si è chiesto che è sensato per una popolazione sotto occupazione militare e sotto embargo cercare di reperire armi per resistere all’occupante, come riconosciuto dal diritto internazionale nelle risoluzioni delle Nazioni Unite (diritto all’autodeterminazione ed alla resistenza contro una potenza occupante[6]). Ed è assurdo parlare di “autodifesa” o “reazione” di Israele in un conflitto generato proprio a causa dell’occupazione israeliana, e caratterizzato da una palese sproporzione di forze: uno degli eserciti più potenti del mondo contro militanti mal equipaggiati che utilizzano razzi rudimentali. I notiziari descrivono sempre Hamas (e Hezbollah in Libano) come “organizzazione islamica” (TG1 8 gennaio), “gruppo”, “movimento estremista” (TG5 29 dicembre). Hamas ha il “predominio sulla Striscia” (TG1 27 dicembre), la “tiene in pugno” (TG5 29 dicembre), ma mai "governa legittimamente". Il lettore può ben vedere come cambia la percezione della realtà se ci si riferisce a Kadima, il partito dell’ex premier Olmert, come “organizzazione sionista estremista”, e ad Hamas come “partito democraticamente eletto”. Parlare di organizzazione rimanda ad una condizione fluida, non definita, che non ha certo la legittimità politica e la credibilità di un partito. […]
Un altro strumento di propaganda utilizzato dai media è la differenziazione dell’informazione (amplificazione – riduzione dei fatti): la diversa copertura mediatica di uno stesso evento in base a criteri razzisti, di retaggio coloniale[7]. Se a essere ferito o a morire è un palestinese, la copertura mediatica sarà largamente minore rispetto a qualsiasi incidente che capiti ad un israeliano. La percezione distorta che ne risulta è di un numero più elevato di violenze subite dagli israeliani rispetto ai palestinesi. Inoltre, i morti israeliani hanno un nome, una storia, una famiglia, il dolore viene esibito e raccontato con maggior minuzia. I morti palestinesi sembrano invece necessarie conseguenze del conflitto, danni collaterali, e raramente vengono umanizzati o ne viene presentato il dolore (i palestinesi “rimangono uccisi”, “muoiono nell’operazione”, insomma sembra muoiano da soli. Altro effetto avrebbe l’utilizzo di termini come “sono stati assassinati”, “massacrati”, “strage di civili”, e così via). In questo modo restano nell’anonimato, rimangono per lo più statistiche senza alcun impatto emozionale sul telespettatore. […] Viene data ampia copertura ad un razzo che colpisce “una villetta”, alle persone “lievemente ferite”, al “panico” ed allo shock che hanno subito gli abitanti. Gli israeliani coinvolti vengono intervistati, le telecamere entrano nelle case, si soffermano sui vetri distrutti, sui quadri di famiglia. I palestinesi non hanno lo stesso diritto: non vengono raccontati lo shock e il panico provati da una popolazione rinchiusa in una prigione a cielo aperto senza possibilità di fuga. […]
La selezione delle informazioni è il principale meccanismo di controllo dell’opinione pubblica: i media decidono i fatti che diventeranno notizie (il criterio ovviamente non è l’onestà intellettuale e professionale, ma quali sono gli interessi in gioco), riportano quelli ritenuti pertinenti all’immagine della realtà che si vuol costruire e scartando quelli che invece la danneggerebbero. Qui la casistica sarebbe infinita, e richiederebbe un lavoro molto lungo, ragion per cui si propone un esempio su tutti. Il presidente del partito fondamentalista “Israel Beitena” Avidgor Lieberman (dopo le ultime elezioni è il terzo partito di Israele), già ministro nel governo Barak, ha dichiarato: “dobbiamo fare esattamente ciò che fecero gli Stati Uniti d’America con il Giappone durante la Seconda guerra mondiale, così non ci sarà bisogno di occupare Gaza”[8]. Un importante politico israeliano incita a lanciare una bomba nucleare su Gaza per annientarla e nessun trova niente da eccepire. I media non riportano neanche la notizia. Immaginate le reazioni che si sarebbero scatenate se a pronunciare questo discorso fosse stato un leader palestinese!
Il giudizio morale muta se applicato ai palestinesi o agli israeliani: gli attacchi palestinesi contro i civili in territorio israeliano sono definiti “terroristici”, mentre l’uccisione di massa dei civili palestinesi viene catalogata come mero dato statistico, danno collaterale di un’operazione di guerra. Spesso le vittime palestinesi vengono inglobate nella conta generica de “i morti del conflitto”, senza ulteriore distinzione[9]. Gli attacchi palestinesi contro i civili israeliani sono illegali, ma non per questo Israele ha il diritto di violare il diritto internazionale umanitario e di commettere crimini di guerra e contro l’umanità con il pretesto della risposta. Quale è il criterio in base al quale i media fanno informazione, raccolgono e presentano le notizie? Nessun media ha mai parlato di “terrorismo di stato”, di “crimini di guerra e contro l’umanità” commessi da Israele, nonostante sia lampante che le azioni israeliane rientrino in questi casi[10]. […]
Un’altra tecnica di distorsione dell’informazione consiste nello scambiare per fatto una opinione. Per dire che Hamas è una organizzazione terroristica ed attribuirle la colpa delle vittime civili, viene presentata la dichiarazione di un esponente politico israeliano (magari seguita da conferme dell’amministrazione statunitense, dell’Unione Europea o di qualche ministro italiano), senza ulteriori repliche[11]. Oppure si sostiene che i guerriglieri di Hamas si nascondono sotto gli ospedali o le lavanderie, citando come fonti l’intelligence o altre fonti israeliane, senza nessun riscontro fattuale o replica da parte palestinese. […]
Altra tecnica di manipolazione dell'informazione è la negazione spudorata della realtà, ovvero qualsiasi morte di palestinesi è colpa di qualcun altro (di Hamas stesso[12]) o risultato involontario di azioni mirate a colpire precisi obiettivi militari. In un articolo pubblicato l’anno scorso Gideon Levy osservava, riferendosi in quel caso ai giornalisti israeliani, “l’esercito israeliano non uccide quasi mai nessuno intenzionalmente, figurarsi se commette un assassinio. Anche quando sgancia una bomba da una tonnellata su una zona di Gaza densamente popolata, provocando la morte di un uomo armato e di 14 civili innocenti tra cui 9 bambini, non si tratta di un'uccisione intenzionale o di un assassinio, ma di un omicidio mirato. Un giornalista israeliano può dire che i militari delle IDF (Israeli Defence Forces) hanno colpito dei palestinesi, o li hanno uccisi, o uccisi per errore, e che i palestinesi sono stati colpiti, o uccisi, o perfino che hanno trovato la morte (come se l'avessero cercata), ma non scriverà mai che sono stati assassinati”.[13] […]
Anche la maggiore caratterizzazione dei politici e dei commentatori israeliani serve l’obiettivo di spacciare come fatti le opinioni e assicurare la prevalenza della prospettiva israeliana su quella palestinese, quasi totalmente assente. Ogni avvenimento o notizia è seguita dai commenti dei politici israeliani, il ministro degli esteri Livni, il primo ministro Olmert, il ministro della difesa Barak, l’intelligence israeliana, i commentatori e i corrispondenti esteri esperti in materia. Tutto viene tratteggiato con minuzia e con un linguaggio pertinente. Le voci dei palestinesi invece sono quasi del tutto assenti, al massimo si riportano brevemente le dichiarazioni sconclusionate di qualche leader di Hamas chiuso in un bunker. Generalmente si parla di “fonti palestinesi”, senza specificare “un nome, un ufficio, un'organizzazione, insomma una qualsiasi fonte a cui attribuire le dichiarazioni” per renderle più credibili.[14]. Un ruolo importante nella distorsione degli eventi lo gioca anche l’utilizzo fuorviante delle immagini: quando si parla di Hamas o di qualche altra faccenda riguardante Gaza, la narrazione è accompagnata da immagini di guerriglieri armati fino ai denti e col viso coperto, di folle in delirio, di gente furiosa, del caos degli scontri, di campi di addestramento e altre immagini che suscitano inquietudine e timore. I leader israeliani vengono invece accompagnati da immagini che li raffigurano in incontri ufficiali, magari insieme a leader esteri.
Gli organi di comunicazione di massa hanno il potere di controllare e manipolare l’opinione pubblica. Avendo la capacità di influenzare la percezione che abbiamo del mondo e della realtà che ci circonda riescono, in modo subdolo o palese, a creare le giustificazioni ideologiche per difendere determinati interessi politici ed economici. La realtà presentata dai media non è mai neutrale, ma riflette quasi sempre l’ideologia e gli interessi dei gruppi egemoni. Guardando un telegiornale è importante tenere in mente le parole di Noam Chomsky: “la propaganda sta alla democrazia come il manganello sta ad una dittatura”[15].
Enrico Bartolomei Casco Bianco presso l’Alternative Information Center
[1] In Barghouti M., Palestine’s Guernica and the Myths of Israeli Victimhood, 29 December 2008 . (http://www.huffingtonpost.com/mustafa-barghouthi/palestines-guernica-and-t_b_153958.html). Si consultino anche i rapporti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (http://www.emro.who.int/palestine) e del Palestinian Center for Human Rights (www.pchrgaza.org).
[2] Si veda: United Nations Office for the Coordination of Humanitarian Affairs, Gaza Humanitarian situation report – The impact of the blockade on the Gaza Strip, 15 December 2008 (http://www.ochaopt.org/documents/ocha_opt_gaza_situation_report_2008_12_17_english.pdf ), e WFP/UNRWA/FAO, Joint Rapid Food Security Survey In The Occupied Palestinian Territory, May 2008 (http://www.un.org/unrwa/publications/pubs08/RapidAssesmentReport_May08.pdf).
[3] Si veda The Guardian, http://www.guardian.co.uk/world/2008/nov/05/israelandthepalestinians .
[4] Di seguito stralci tratti rapporto dell’intelligence israeliana (corsivi miei) “Intelligence and Terrorism Information Center at the Israel Intelligence Heritage & Commemoration Center IICC - The Six Months of the Lull Arrangement: in the field it had been seriously eroded since November 4. In the six months the arrangement was in force, […] Hamas was very careful to maintain the ceasefire. […]The escalation and erosion of the lull arrangement, November 4 to the time of this writing, December 17: On November 4 the IDF carried out a military action […] . Seven Hamas terrorist operatives were killed during the action. In retaliation, Hamas and the other terrorist organizations attacked Israel with a massive barrage of rockets […]”.
Fonte: http://www.terrorism-info.org.il/malam_multimedia/English/eng_n/html/hamas_e017.htm .
[5] La IV Convenzione di Ginevra del 1949 assicura una protezione minima ai civili durante le guerre o le occupazioni militari e costituisce il fondamento del diritto umanitario internazionale. La Convenzione proibisce l'annessione unilaterale di un territorio (articolo 47), la costruzione di insediamenti su un territorio occupato (articolo 49), l'omicidio intenzionale di civili (articoli 146-147), la tortura (articoli 31-32, 146-147), le pene collettive (articolo 33) e la distruzione di proprietà senza valide ragioni militari (articoli 53, 146-147).
[6] Il diritto all'autodeterminazione dei popoli è stato formalmente riconosciuto dalla Dichiarazione dell'Assemblea delle Nazioni Unite del 1960 sull'assicurazione dell'indipendenza ai paesi e popoli coloniali; il diritto all'autodeterminazione del popolo palestinese in particolare è stato riconosciuto dalla Risoluzione 3236 dell'Assemblea delle Nazioni Unite nel 1974. Si veda anche la nota 6.
[7] Si veda Said E., Orientalism, Pantheon Books, New York 1978. Trad. it. Orientalismo, Bollati Boringhieri, Torino 1991. E idem, La questione palestinese. La tragedia di essere vittime delle vittime, Gamberetti, Roma 1995.
[8] Si veda Ma’an News Agency, http://www.maannews.net/en/index.php?opr=ShowDetails&ID=34924 .
[9] TG5 8 gennaio: “sono ormai quasi novecento le vittime nei diciassette giorni di conflitto” e TG5 12 gennaio “quasi 900 le vittime ne i17 giorni di conflitto a Gaza” .
[10] Si veda ad esempio Richard Falk (ebreo americano, Relatore speciale delle Nazioni Unite per i Diritti umani nei Territori e professore emerito di Diritto internazionale all'Università di Princeton), “Israel’s War Crime”, The Nation, 29 Decembre 2008. Scrive Falk:“Gli attacchi aerei israeliani sulla Striscia di Gaza rappresentano una grave e massiccia violazione del Diritto internazionale umanitario come è stato definito dalla Convenzione di Ginevra, sia riguardo agli obblighi della Forza di Occupazione che ai requisiti delle leggi di guerra. Tali violazioni includono: La punizione collettiva: l’intera popolazione di un milione e mezzo di persone che vivono nell’affollata Striscia di Gaza viene punita per le azioni di pochi militanti. Il colpire i civili: gli attacchi aerei sono diretti contro le aree civili di uno dei più affollati tratti di territorio del mondo, di certo l’area più densamente popolata del Medio Oriente. Una risposta militare sproporzionata: gli attacchi aerei non solo hanno distrutto ogni ufficio di polizia e di security del governo eletto a Gaza, ma hanno ucciso e ferito centinaia di civili”. Reperibile su http://www.thenation.com/doc/20090112/falk .
[11] TG1 27 gennaio: Frattini dice che l’unica alternativa è ripristinare la tregua “che il terrorismo di Hamas ha violato”, o il TG1 del 25 gennaio, il commissario UE Luis Michel “ha detto che Hamas è una organizzazione terrorista, parole in sintonia con quelle pronunciate dal vice-Presidente della Commissione Europea Tajani” per il quale Hamas “non può essere un interlocutore della comunità internazionale”.
[12] TG1 del 27 dicembre: “gli obiettivi militari e gli arsenali di Hamas e delle milizie palestinesi si trovano in mezzo alle case in una zona densamente popolata”. Come fa il Tg1 ad ottenere tante informazioni se non è presente dentro la Striscia? Da quale fonte le attinge? Può dimostrarle? Evidentemente i media italiani (e non solo) operavano sotto la supervisione delle forze militari israeliane che erano in grado di modificare ogni aspetto degli eventi.
[13] Levy G., “Le parole per non dirlo”, Internazionale, 736, 21 marzo 2008.
[14] Idem.
[15] Chomsky N., Media Control, cit.

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!