giovedì 22 ottobre 2009

Ingresso trionfale a Diyarbakir dei Gruppi di Pace




I due Gruppi di Pace che il 19 ottobre a Silopi erano entrati in Turchia dall’Irak ieri sera (20 X) sono partiti da Silopi, e, dopo un itinerario breve ma interrotto continuamente dall’accoglienza numerosa ed entusiasta dei Kurdi ieri a Cizre e Nusaybin, ed oggi a Kiziltepe, Mardin e Cynar, stasera (21 X) sono arrivati a Diyarbakir, con un ingresso trionfale in seno alla popolazione che li attendeva da tre giorni di ininterrotta mobilitazione, tra canti, danze e discorsi, radunata in un grande piazzale in una sorta di nuovo festoso Newroz. Domani (22 X) e’ prevista la loro partenza per Ankara.

Io sono arrivato a Diyarbakir oggi (21 X) e verso le 14,30 ho raggiunto tale piazzale, non molto lontano dalla sede centrale del partito kurdo, il DTP; dal 19 ottobre esso era gremito di folla e sul palco si alternavano ininterrottamente cantanti, gruppi musicali, annunciatori, oratori...
Sull’impalcatura campeggiava la scritta : Barýþ (significa “pace” in turco) – Aþîtî (significa “pace” in kurdo). Subito sotto, il ritratto di Ocalan e la scritta: “Vogliamo la nostra Road Map,
garanzia della liberta’ del popolo”. Allusiva alla Road Map scritta da Ocalan in carcere e tuttora trattenuta dallo Stato che ne ritarda la divulgazione.
Per quattro ore consecutive e’ durata l’attesa. Contrariamente a quanto solitamente accade, anziche’ il consueto alternarsi di discorsi in kurdo con altri in turco, dal palco si e’ parlato solo sempre in kurdo.

Le canzoni proponevano parole quali “gerilla” (guerrigliero) e “aþîtî” (pace), ed erano l’espressione coerente della situazione creatasi, in cui i venti di pace, che parevano destinati a dissolversi, sono stati rilanciati in modo travolgente proprio dalla coraggiosa iniziativa proposta da Ocalan e subito raccolta dal PKK, mentre l’ “iniziativa kurda” (poi ribattezzata “iniziativa democratica”) lanciata dal Primo Ministro Erdogan ormai languiva (anche se occorre riconoscere che sono stati anche la primavera e l’estate di “aperture” verso la questione kurda promosse dalle forze di governo a creare il clima favorevole agli eventi attuali).
L’annuncio dell’imminente arrivo dei Gruppi di Pace e’ stato salutato dal palco con la canzone “Gerilla Rojbaþ” (“Buongiorno guerrigliero”), immediatamente cantata in coro dalla folla. Poi si sono udite le note ritmiche e un po’ solenni degli inni nazionali kurdi...
Finalmente, verso le 18,30, nell’entusiasmo generale, sono arrivati i Gruppi di Pace, dopo un itinerario rallentato dalle continue tappe nelle localita’ attraversate (ieri Cizre e Nusaybin, oggi a Kiziltepe, Mardin e Cynar), anch’esse gremite di Kurdi in attesa.

Ma l’arrivo dei due Gruppi di Pace aveva subito ritardi anche per altre cause. Partiti dall’Irak il mattino del 19 ottobre, avevano subito un incidente automobilistico, purtroppo costato la vita ad un componente dei Gruppi di Pace; poi, giunti al confine, molto tempo era stato necessario per i meticolosi controlli dell’identita’, visite sanitarie etc. Infine, il 19 sera, per un momento tutto era sembrato turbato da gravi ostacoli: su cinque dei componenti pesava l’imputazione di appartenenza al PKK, e cio’ pareva impedirne la liberta’ di movimento: i due Gruppi di Pace, di conseguenza, avevano deciso di restare al completo a Silopi fino allo sblocco della situazione. La quale ieri sera (20 X) si era risolta, e tutti avevano ricevuto l’autorizzazione a ripartire.

Dopo l’entusiasmo festante esploso al loro arrivo dal palco si sono succeduti (ora sia in turco che in kurdo) i discorsi dei membri dei Gruppi di Pace e dei loro accompagnatori; e’ stato rievocata la precedente esperienza, quella dei due Gruppi di Pace di dieci anni or sono, rilevandone le differenze: ma, nonostante le gravi avversita’ allora incontrate, era stata proprio quell’esperienza ad aprire una strada che ora dava i suoi pieni frutti. E’ stato sottolineato con orgoglio come l’iniziativa sia stata assunta in un momento carico anche di gravi difficolta’ (la continuazione delle operazioni militari dell’esercito, le persecuzioni politiche contro il DTP, le violenze contro la popolazione civile...) e come, ciononostante, i Kurdi habbiano saputo assumere direttamente l’iniziativa, senza attendere aiuti esterni (Comunita’ internazionale etc.).

Domani (22 X) e’ prevista la partenza per Ankara dei Gruppi di Pace. Ora si vedra’ se e come la compagine governativa, che sinora ha assunto un atteggiamento favorevole all’iniziativa kurda, sapra' iniziare con essa un concreto dialogo di pace.

Diyarbakir, 21 ottobre 2009

Aldo Canestrari

Mozambico - Incontri in un campo profughi


Racconti itineranti

di Serena Corsi

Arrivare a Maratane non è facile. Certo che non lo è, se sei un rwandese o un congolese o un kenyano o un sudanese che dovrà camminare sotto il sole africano- o sperare che rallenti un camion, o che un sacco di farina ti lasci spazio sul tetto di qualche autobus- attraverso tutta la Tanzania e il nord del Mozambico. Ma non è uno scherzo neanche se vuoi arrivare a Maratane non come rifugiato, ma come testimone, come forestiera che vorrebbe scrivere della diaspora dei popoli di grandi laghi per l'Africa. Prima è necessario procurarsi un colloquio con quelli dell'INAR, l'istituto nazionale di aiuto al rifugiato. Io sono stata fortunata e ci sono arrivata da due buone parole diverse: quella di un padre scalabriniano da tre anni in Mozambico, e quella del Mlal(Movimento Laici per L'America Latina, che qui lavorano sui diritti umani nelle carceri) di cui ero ospite e che sono, per un puro caso africano, vicini di casa di un tecnico dell'INAR. Naturalmente il colloquio con l'INAR non è risolutivo: a quel punto è necessario fare una richiesta scritta all'Eccellentissimo Delegato Provinciale dell'UNHCR, l'organismo dell'ONU per i rifugiati politici. Quando sono tornata a vedere com'era andata la mia richiesta, ho avuto la sensazione che non fosse mai arrivata nelle mani di nessun delegato, che forse non esisteva nessun delegato, ma che fosse la stessa segretaria dell'INAR a timbrare favorevolmente tutte le richieste, sbadigliando. Magie della democrazia (lapsus, volevo scrivere burocrazia). Maratane è immerso in uno scenario meraviglioso. Se non fosse per il caldo invincibile e per le specie di serpenti che infestano questa parte di savana, tutta la zona intorno a Nampula sarebbe da esplorare in lungo e in largo. I trenta chilometri che la separano dal campo di Maratane si percorrono su una carraia rossastra circondata da montagne che spuntano dalla pianura come bulbi rocciosi di forme che, con l'aiuto del caldo, stimolano l'immaginazione (ma una è sicuramente la faccia di un vecchio disteso bocconi; infatti appena più a ovest ce n'è un'altra che è chiaramente la sua pancia con una birra appoggiata sopra). Il campo profughi, in cui vivono circa 5000 persone (più della metà congolesi, quasi tutti gli altri rwandesi e burundesi e una piccola parte di kenyani e sudanesi) è più che altro un grande villaggio, un'enclave kiswahili nel cuore del nord mozambicano. Di fatto è aperto, i suoi abitanti sono liberi di lasciarlo quando vogliono. Ma per andare dove? Dice Said, diciassette anni, arrivato qui da solo dal Burundi cinque mesi fa. Maglietta consunta dello sporting lisboa, mi racconta della sua fuga dalle milizie in cui non voleva finire arruolato. Siamo nella semioscurità rovente del transference centre, la parte più miserabile del campo, quella dove rimangono i nuovi arrivi per qualche mese, prima che gli venga assegnata una baracca (o uno spazio su cui costruirne una) nel campo. Sono casermoni di fango con un tetto di lamiera ondulata divisi in stanze di sei metri per sei, senza letti e senza finestre (a parte un pertugiolo di venti centimetri per quaranta, provvisto di zanzariera, ridicola dal momento che non c'è neanche la porta e le zanzare fanno la spola fra una malaria e l'altra). Said è contento di raccontare la sua storia, perchè è arrivato dove voleva arrivare: al sicuro. Non gli dispiace affatto l'idea di rimanere qui per sempre.Mentre finisco di scrivere quello che mi ha detto, arriva da me una signora con le treccine dritte in testa, l'aria piuttosto sciatta e un sorriso indimenticabile. Mi inizia a parlare in inglese quando ancora sto finendo di scrivere tanta è l'urgenza che si porta dentro; perdo l'inizio, poi, lentamente, inizio ad afferrare il senso e dimentico tutto il resto - la penna, le pareti, Maratane, l'INAR, L'Africa, l'Europa. Elizabeth è kenyana, di una zona nell'interno del paese. Da una vita intera scappa, ma la sua fuga non ha destinazione perchè la sua persecuzione non ha il nome di un'etnia nè quella di un credo politico. Elizabeth non vuole stare con uomini e per questo, in ogni luogo in cui arriva, la sua libertà ha i giorni contati. Ha cercato appoggio da parenti e amici prima in altri luoghi del Kenya, poi in Tanzania.Ma ben presto questa nuova arrivata senza un uomo (e senza voglia di averne uno) desta perplessità, poi sospetti. Infine inizia l'organizzazione di una comunità intera per mettere in piedi un matrimonio che Elizabeth non vuole. Allora deve ricominciare la sua lunga marcia verso il Sudafrica, dove -si augura- certi diritti sono più riconosciuti. “Perchè non è naturale” conclude con gli occhi spalancati, un fiume in piena che incontra un mare di determinazione: “Non è naturale essere costrette”. Sceglie, rovesciandolo, proprio questo concetto -non è naturale- lo stesso che devono averle buttato addosso da quando Elizabeth ha coscienza di Elizabeth. Non è venuta a parlare con una giornalista, è venuta a parlare con una donna. Una che non si aggiunga alla sua persecuzione come ha visto succedere fino a oggi. Sopraffatta, le ho risposto la cosa che, in quel momento, mi sembra la più definitiva, l'unica che le riassumeva tutte: sono d'accordo con te.Lei mi ha fatto un largo sorriso e se ne è andata. Ci ho messo un po' a dominare un senso di impotenza quasi vertiginoso, poi in qualche modo ho reagito, ho piantato in asso quello che stavo facendo per tornare a cercarla e le ho detto che avrei cercato di metterla in contatto con WLSA, un movimento di donne attivo in Mozambico. “Ti farebbe piacere?” “Definitely!” ha risposto entusiasta. “Ci provo”. Mentre scrivo, le leader di Maputo di cui avevo il numero stanno cercando di attivare le loro colleghe di Nampula. Spero che almeno una di loro parli inglese.

Uno stage val bene una laurea

Disoccupazione giovanile e fragilità del lavoro cognitivo


Il diario di bordo di Paolo Do - Honk Kong (Cina)

Il tasso di disoccupazione giovanile ad Hong Kong è passato dal 4,4% al 28.7% toccando il peggior dato dalla crisi SARS che ha colpito la regione nel recente passato. La situazione per i giovani laureati con un’età compresa tra i 20 e i 24 è tra le più critiche, con una percentuale di disoccupazione ben al di sopra della media.

Da un lato, per combattere questa situazione il governo di Hong Kong vuole cambiare l’attitudine dei giovani nel considerare la disoccupazione. Nelle parole di Rain Lau Wing-heug dell`HKPA: “bisogna invertire la rotta, e responsabilizzare i giovani. Se non hai un lavoro la colpa non è della crisi, ma di chi è disoccupato”. Così ha più o meno tuonato la settimana scorsa sul quotidiano China Daily. Sempre nelle sue parole: ‘Molti di questi giovani disoccupati si rifiutano di accettare un salario mensile inferiore ai 6000 HKD (circa 500 euro). Ma data la loro scarsa qualificazione accademica e inesperienza lavorativa, il mercato può offrire dai 4000 HKD ai 6000 HKD’. Ancora peggio, secondo Lau, il problema della disoccupazione giovanile ad Hong Kong è aggravato dalle ‘degradanti’ abitudini delle famiglie che supportano finanziariamente questi nullafacenti. Basta con questo family welfare! Dopo aver elogiato un giovane ingegnere neolaureato che è riuscito ad ottenere lavoro dopo aver spedito il suo CV a ‘solo’ 32 aziende cinesi, Lau ha affermato che non sono questi i tempi per chiedere un alto stipendio. I giovani cinesi senza esperienza pratica di lavoro dovrebbero avere ‘una visione più ampia, in vista della loro futura carriera’.

Gli fa eco in questi giorni il rumore di un fitto dibattito nato da quando il preside del dipartimento di giornalismo della Sichuan Universtiy of China ha deciso di trasformare la scrittura della tesi necessaria per ottenere la laurea in giornalismo in un vero e proprio apprendistato. La notizia sta facendo abbastanza scalpore, se non altro perché la Sichuan University è una delle più prestigiose università cinesi diretta esplicitamente dal ministro della educazione Cinese. Fa inoltre parte di quella ristretta cerchia di università che hanno potuto beneficiare di straordinari investimenti statali quinquennali negli ultimi anni. Lo tzunami finanziario secondo la Sichuan University deve trasformare le stesse università che devono offrire training pratici e professionali, trasformandosi in agenti istituzionali nel combattere la disoccupazione giovanile. A conferire la prestigiosa qualifica di dottore non sarà più quindi la consegna di un approfondito lavoro di ricerca. Uno stage val bene la laurea. Sarà infatti la valutazione degli articoli pubblicati dallo studente/stagista come parte integrante e obbligatorio del proprio curriculum formativo a conferire, in periodo di crisi economica, la tanto desiderata laurea in giornalismo.

Links Utili:

A Jayyous, masticando mandorle acerbe

Dai social network la notizia delle incursioni israeliane in un villaggio della West Bank

Uno studente avverte su Facebook: "Israeli occupation forces stormed the village of jayyous and imposed a curfew until further notice"

Jayyous è un villaggio della West Bank a pochi chilometri dalla costa di Tel Aviv, nei dintorni di Qalqilya. E' circondato dal filo spinato, il "muro leggero" israeliano realizzato fin dal 2003, che ha tagliato agli agricoltori del paese ettari e ettari di terreno coltivato, soprattutto a olivi. In questo periodo le condizioni di vita degli abitanti palestinesi si fanno sempre più complicate, proprio in concomitanza con la raccolta delle olive: infatti i controlli vessatori dell'esercito israeliano ai check point rendono particolarmente difficile e tesa la quotidiana esistenza dei palestinesi.

A Jayyous, circa cinquanta partecipanti alla Carovana "Sport sotto l'assedio", ad aprile del 2009 sono stati ospiti ed hanno potuto toccare con mano, anche se per soli 4 giorni, le problematiche del vivere sotto occupazione.

Dalla notte del 20 ottobre, Jayyous è nuovamente sotto assedio israeliano: stiamo parlando di un villaggio di 2000 anime, composto di stradine e vicoli in cui la vita scorrerebbe tranquilla tra le botteghe, la scuola del Charity Centre e diverse strutture attrezzate per i numerisissimi bambini e ragazzini presenti. Sappiamo, avendo vissuto alcuni giorni con i ragazzi dell'organizzazione locale di attivisti contro il muro, quanto angosciante sia vedere le Jeep israeliane scorazzare per il villaggio la notte, quanto pericoloso sia un assedio che viene sempre anticipato da incursioni con i gas che soffocano il paese intero e da sparatorie che il più delle volte colpiscono qualche bimbo che gioca per strada.

Noor ha ventuno anni, è figlio di contadini ma non può attraversare il check point per andare a lavorare, così gestisce l'unico internet point della zona, luogo che ci ha accolto nelle serate della carovana, in cui potevamo ascoltare un po' di musica, socializzare con i giovani palestinesi e aggiornare i nostri siti durante la permanenza.

Questa intervista a Noor, che ieri ci ha comunicato l'inizio dell'assedio israeliano tramite Facebook, è di circa un mese fa, quando erano stati effettuati alcuni arresti ingiustificati in paese, come purtroppo d'abitudine accade.

A Jayyous, Noor e gli altri ci hanno fatto sentire a casa. Insegnandoci a mangiare le mandorle acerbe cogliendole dagli alberi, quasi non ci fosse il tempo di aspettare, di farle maturare.

Noor, have there been Israeli army raids in the village, this summer? Are you under curfew?

There have been a number of Israeli raids this summer - during the period June through August there have been 1 raid.. There has been no curfew this summer.

The army still pays a frequent visit to Jayyous, even if this is considered a “quiet period”. Usually the army comes in the middle of the night when people are sound asleep, to arrest one or more persons. The families, who experience the soldiers coming into their homes at night, tell us that they become very anxious and afraid when the soldiers storm into their homes. The soldiers behave frequently in a way that is felt as aggressive and scary. The most normal procedure is to take the wanted person out of the bed, blindfold him and put handcuffs on him, while the soldiers force the family into one corner of a room. This often creates a lot of crying and anxiousness in the family, as they don’t know where the soldiers are taking him. Several families have told us the last month how the soldiers have been kicking and pushing them, as well as pointing their machinegun towards the arrested person. Often children are watching, and in one incident this summer the parents had to get the doctor to come over the next day to talk to the children, who had gone into a state of shock.

We are informed that some young people were arrested at the check point. What happened? Why were those people arrested?

Yes, there have been few arrests atleast about 25 people are in prison today, but not all of them were arrested at the checkpoint, some of them as said above that they were arrested from their homes, and those who were arrested on the checkpoint usually they are being told that their permits are not valid or have expired.

How is working life going on? Do farmers manage to reach their harvest?

Working life is difficult – the unemployment figures in Jayyous have reached 80 %. Only 120 persons hold a permit to get access to their land inside the seam zone – the equivalent of approximately 10 % of the total number of landowning families. The number of permits that are issued has been decreasing. The reason for the decline is usually the one word: “security”.

Some of the permit holders are either women or very old men who need to have other adults accompany them, which is impossible if they do not have permits. Therefore the number of permits that can be used is even lower than 120. There are about 3000 people living in Jayyous, and their main income is farming. When only 10% gets a permit from the Israeli authority, it creates a lot of economic as well as social problems.

Is it manageable to arrive in Qalqilya, the town where you all study?

Currently the usual road that the Jayyousi people use to Qalqilya has been closed, and also the main road from Azzun usually used nearby villages to Qalqilya is also closed, so it is not easy to go to Qalqilya people have to now take a long road which take more time.

However, it is possible to get to Qalqilya if you come from Jerusalem– either by taking a bus (number 18) from Jerusalem to Ramallah and then a “service” from Ramallah to Qalqilya. You can also take a taxi or rent a car and driver here by yourself if you wish. Another way to get here is by taking a bus or taxi from Tel Aviv to Qalqilya, walking across the green line and then taking another taxi (ordered in advance) into Qalqilya.

Are internationals going to be in your town for the olives harvest that is soon to come? How does it usually function?

As far as we know there will be internationals in Jayyous for the harvest – we know that at least some of the Ecumenical Accompaniersstatione-d in Jayyous and people from Humans Without Borders (formerly known as The Olive Tree Movement) are planning to take part in the olive harvesting.

These organizations come to the village every year during the harvest time

These few questions to refer of the situation in your area, feel free to add considerations and everything you think it’s important to tell.

Most of the students who live in Jayyous are affected by the wall; as a result they are forced to quit their studies, but also due to the poor socio-economic standard most young people cannot afford to further their studies. Those who happen to finish their studies they are usually frustrated because there are no employment opportunities for them to pursue their careers; and most them choose to immigrate to outside countries.

Per altre info su Jayyous: leggi qui

mercoledì 21 ottobre 2009

I movimenti sociali honduregni lottano per la democrazia e il miglioramento delle condizioni di vita


Intervista ad un militante, anonimo a causa delle minacce, del Frente Nacional de Resistencia Popolar en Honduras

di Daniel Jiménez

Il colpo di Stato che ha avuto luogo il passato 28 giugno in Honduras ha messo in pericolo non solo la continuità della democrazia e del presidente legittimo, Manuel Zelaya. Risulta anche gravemente minacciato il lavoro delle organizzazioni di base e delle piattaforme sociali che stanno da anni lavorando affinché gli honduregni abbiano un futuro migliore in un paese più democratico e dove possano vedere garantite le loro necessità basilari.

Molte di queste associazioni fanno attualmente parte del Fronte Nazionale di Resistenza Popolare che esige il ritorno di Zelaya e la convocazione di una Assemblea Nazionale Costituente che dia luogo ad un nuovo sistema politico e sociale caratterizzato dalla ridistribuzione della ricchezza e lo stimolo della partecipazione cittadina.

In questa intervista realizzata giovedì scorso da Noticias Positivas parliamo con una persona appartenente ad una di queste associazioni vincolate col Fronte. Ha voluto mantenersi nell'anonimato a causa alle minacce che subiscono tutti quelli che si oppongono ai golpisti.

Noticias Positivas: Qual'è la situazione in questi momenti in Honduras?

Fronte Nazionale di Resistenza Popolare: Adesso c'è molta incertezza. Questa mattina concludono le negoziazioni tra le due parti, il governo di facto ed il governo costituzionale. Dicono che c'è un accordo sul 90 percento. Il punto più polemico è la restituzione di Manuel Zelaya. Secondo alcuni informazioni preliminari, non si è giunti ad un accordo perché il governo di facto dice che questa commissione rappresenta solo il potere esecutivo, e per ottenere la restituzione completa di Zelaya si richiede l'approvazione della Corte Suprema di Giustizia, cioè, del potere legislativo.

Dall'inizio del golpe, il governo di facto ha usato tattiche dilatorie e misure di repressione per consolidarsi nel potere. Per quel motivo sono state poste in essere tutte le azioni possibili al fine di ostacolare l'entrata di Zelaya. Benché essi dicano a livello internazionale che il decreto con il quale si sospendevano le garanzie costituzionali della popolazione non sia vigente, in pratica questo non è stato così.

La polizia continua a reprimere la gente, seguono interrotte le garanzie di libera mobilitazione e libera espressione, e praticamente continuiamo in stato di coprifuoco. Continuano a verificarsi molte violazioni ai diritti umani. Prosegue la persecuzione e l'intimidazione di chi manifesta la sua opposizione al governo di facto, repressione che diventa particolarmente dura nel caso delle associazioni più in vista nella resistenza.

C'è repressione nelle manifestazioni pubbliche e si hanno anche casi di minacce dirette mediante chiamate telefoniche o contatti per intimorirti o dirti che sei indagato.

I mezzi di comunicazione indipendente sono stati chiusi a causa dell'applicazione di questo decreto. Chiusi e i giornalisti minacciati e perfino un giornalista del diario Il Liberatore è stato incappucciato e torturato. C'è una completa gestione dei mezzi di comunicazione da parte dei golpisti.

Due sere fa hanno pubblicato che l'ONU aveva già confermato che quello che era successo in Honduras non era un colpo di Stato, bensì una successione costituzionale, ed affermavano che c'era una relazione che attestava questo. Ogni tipo di informazione è manipolato a convenienza dei loro interessi e anche per causare più polarizzazione tra la popolazione che già è altamente polarizzata. Si usano i media per demonizzare Mel Zelaya ed accrescere l'odio verso lui. Si impiegano anche per giustificare la repressione.

I golpisti dicono che i militari stanno difendendo la Costituzione e che stanno facendo la loro parte per garantire la sovranità popolare, perché dicono che qui sarebbe arrivato il comunismo ed il chavismo. Dicono cose tanto idiote, come che ti tolgono la tua casa o la tua auto e che questo diventerà un posto come il Venezuela.

N+: Questa è la situazione attuale, abbastanza complicata e con una frattura sociale molto forte. In mezzo a questo contesto sta il Fronte di Resistenza che oltre a chiedere la restituzione di Zelaya, sta difendendo un progetto sociale molto chiaro. Quali sono le rivendicazioni del Fronte?

FNRP: Il Fronte sta chiedendo la restituzione di Manuel Zelaya per il ritorno dell'ordine democratico e la convocazione di una Assemblea Nazionale Costituente. Nei tavoli di negoziazione c'era un rappresentante del Fronte Nazionale da parte del presidente Zelaya che, vista l'impossibilità di firmare l'accordo per il quale questi tavoli di dialogo rinunciavano all'Assemblea Nazionale Costituente, ha preso la decisione di ritirarsi da questa delegazione. Il Fronte ha confermato così di non rinunciare alla lotta per l'Assemblea Nazionale Costituente.

Questo colpo di Stato non ha fatto altro che a rimarcare le ferite della popolazione che sta esigendo un cambiamento sociale, riforme strutturali dove possano garantirsi migliori benefici per tutta la popolazione e non concentri la distribuzione della ricchezza come quella che c'è ora in Honduras, dove l'80 percento della ricchezza è distribuito tra 10 o 12 famiglie o gruppi di potere. Il popolo vuole questo e non abbassa la guardia in questo senso.

A causa della manipolazione ed il mirato utilizzo dei mezzi di comunicazione dai golpisti, la gente ha molta paura della Costituente. Per questa ragione, gli attivisti e le organizzazioni sociali del Fronte stanno realizzando azioni di socializzazione e sensibilizzazione su quello che significa una riforma costituente dove sono espressi l'opinione del popolo e le sue necessità. Anche se Zelaya rinunciasse a questo obiettivo, questa rivendicazione continuerebbe.

N+: E che miglioramenti concreti per la popolazione si vorrebbero introdurre con questa riforma costituzionale?

FNRP: Si cerca che questa Assemblea Costituente dia luogo a leggi che beneficino tutta la popolazione. Che si tolgano esenzioni di imposte che ci siano riforme nel sistema di salute, nel sistema agricolo e nel sistema di educazione. Si tratta che ci siano leggi ed un apparato costituzionale e statale che governi per la popolazione poverache è la maggioranza. Ci sono attualmente esenzioni e concessioni per le imprese transnazionali e nazionali che sono gli stessi gruppi che stanno dietro al golpe. Ricevono ogni tipo di contributo da parte del governo di facto mascherato in leggi per incentivi che non beneficiano realmente la popolazione maggioritaria, ma solamente questi gruppi. Qui si è consegnato il paese in vassoio di argento a questi potenti gruppi economici.

Vogliamo anche che ci sia un processo democratico di scelta degli incarichidel Tribunale Supremo Elettorale, della Corte Suprema di Giustizia e degli stessi incarichi direttivi dei deputati. Fino ad ora, sono stati scelti su indicazione, in forma fraudolenta e per compromessi politici. Proprio ieri hanno scelto i rappresentanti nel Congresso Nazionale del Tribunale Superiore di Conti. I deputati non hanno visto muoversi una foglia né sanno assolutamente niente di queste persone che sono state scelte. Li hanno scelti così perché sono maggioranza nella camera e perché hanno già istruzioni precise. Le persone che sono arrivate al governo, tanto il presidente nazionale come quello del Congresso, o gli stessi deputati, sono persone che governano per questi gruppi di potere ed obbediscono unicamente ai loro ordini e i loro interessi.

A Mel Zelaya dicevano che la consultazione che aveva organizzato sull'Assemblea Nazionale Costituente era illegale, ma era solamente una consultazione che non era vincolante e dove si domandava agli honduregni se erano a favore o contro. Zelaya era inoltre coperto da una legge di partecipazione cittadina che aveva approvato ad inizi del suo governo e che permetteva questo tipo di consultazioni. Da parte loro, i golpisti hanno fatto una legge di referendum e l'hanno usata per fare il doppio gioco e continuare a dire alla gente che Zelaya si voleva rieleggere e governare come Hugo Chávez, ragione per la quale Zelaya non voleva fare una legge come questa che loro hanno approvato. Ma risulta che detta norma del governo di facto aveva clausole restrittive che impedivano di fare consultazioni su temi come la riforma del governo, la finanziaria o qualche altra questione che avesse interesse per la popolazione. E' stata una farsa per giustificare i loro atti e sostenere che quello che stava facendo Zelaya era disubbidire agli altri poteri.

N+: Molti mezzi di comunicazione hanno sostenuto anche la versione che Zelaya con la sua iniziativa voleva perpetuarsi nel potere.

FNRP: Non è certo quali fossero le intenzioni reali di Zelaya. Egli ha detto nell'assemblea dell'OEA che non avrebbe continuato al potere lasciando il suo incarico alla data prevista e che la sua intenzione era permettere la partecipazione cittadina e dare voce al popolo. Ma ai potenti gruppi non solo del Honduras, ma di tutta l'America Latina, conviene che la popolazione continui rimanendo impoverita per mantenere i loro interessi.

Lo scenario che la popolazione possa chiedere ed esigere causava molta paura, soprattutto dopo l'adesione del Honduras all'Alba ed il trionfo del FMLN in El Salvador.

N+: Il Honduras è un paese abbastanza danneggiato dagli accordi di libero commercio. Proprio ora l'Unione Europea sta negoziando con l'America Centrale un Accordo di Associazione che è un altro tipo di accordo di libero commercio. Dentro il tuo paese sono sorti molti movimenti sociali che stanno lottando contro la povertà causata da queste politiche, e le sue iniziative possono essere vittime del colpo di Stato se alla fine non ritorna la democrazia. Che cosa stanno facendo questi movimenti sociali per lottare contro la povertà e migliorare la vita della popolazione?

FNRP: La storia del Honduras dagli anni '80, quando ebbe luogo l'ultimo colpo di Stato, aveva determinato che qualunque manifestazione o azione che manifestasse scontento non durasse più di una settimana, al massimo settimana e mezza.C'era un controllo assoluto della popolazione e non c'era una società civile organizzata come tale. Questo aveva permesso ai potenti di fare tutto quello che volevano per mantenersi al potere.

Loro hanno pensato che con questo colpo di Stato sarebbe mantenuto lo stesso tono.

Ma le organizzazioni civili, i movimenti sociali e le organizzazioni di base si sono andate fortificando durante tutti questi anni e sono stati protagoniste di differenti iniziative. Per esempio, hanno denunciato le conseguenze dei trattati di libero commercio e degli Accordi di Associazione, si sono prodotte richieste di una riforma agraria da parte dei movimenti campesinos e le associazioni corporative hanno preteso il rispetto dei loro diritti.

A seguito del colpo di Stato, il Fronte Nazionale è riuscito ad articolare tutti questi movimenti,come ha dimostrato con suoi più di cento giorni di resistenza.

I mezzi di comunicazione del governo di facto hanno cercato di creare un odio nella popolazione contro questa resistenza. Stanno introducendo infiltrati e facendo alcuni azioni ripudiabili affinché la popolazione li veda come i comunisti o gli insorti che unicamente causano tumulti nel paese. Ma le organizzazioni del Fronte hanno dimostrato chiaramente di manifestare in forma pacifica, e così nonostante la brutale repressione.

Solo tra i sindacalisti, si sono registrati già 15 morti. Non li ammazzano nelle manifestazioni, ma cercano di mascherarli come delitti della delinquenza comune affinché non siano collegati.

Stanno utilizzando molte armi per questa repressione. Nell'ambasciata del Brasile usano gas chimici che colpiscono la salute. Sembra che la gente si stia ammalando dopo essere stata vittima di attacchi con gas lacrimogeni. I medici ci dicono che stanno soffrendo danni interni. Non sanno che tipo di gas o di componenti chimici hanno queste bombe che stanno colpendo non alla salute della popolazione in forma immediata, bensì a lungo termine. Stanno utilizzando anche chimici che bruciano la pelle ed un apparato che emette suoni che possono causare la perdita dell'equilibrio o danneggiare alcuni organi, come l'udito.

Non sappiamo da dove stanno ricevendo i finanziamenti. Sé hanno ricevuto appoggio dei gruppi economici di potere e da organizzazioni di destra e di ultradestra di altri paesi. Si parlava dell'esistenza di un contratto di lobby proveniente da EE. UU. stimato in 260.000 dollari. Sembra anche che ci sia un importo che il governo ha dato all'Associazione Nazionale degli Industriali per finanziare varie marce in opposizione a Zelaya. Stanno utilizzando anche i fondi di riserva del paese. Hanno utilizzato già 280 milioni di dollari di questi fondi. Si parla inoltre di varie transnazionali, benché loro stesse abbiano pubblicato note chiarificatrici negandolo.

Non si sa da dove stanno ricevendo i loro fondi, ma quello che sì si sa è che stanno facendo un investimento incredibile nel settore militare. Tutti i militari camminano con equipaggiamento nuovo, con motociclette, con quelle sofisticate armi che prima si menzionava e che sono completamente nuove. Ci sono ipotesi che ricevano aiuto dell'Israele o del Perù, ma non abbiamo notizie certe. Quello che è chiaro è che stanno perdendo il denaro del paese e trascurando i settori prioritari, come la salute. Tutta la chirurgia è stata sospesa perché non ci sono risorse negli ospedali. Ci preoccupa anche che il governo abbia chiuso l'anno scolare. L'idea è che le scuole vengano militarizzate per, secondo loro, proteggere il materiale elettorale e che non possano boicottarsi le elezioni.

N+: E che vi sembra della posizione internazionale?

FNRP: Siamo molto preoccupati per la possibilità che la comunità internazionale appoggi il governo di facto sulla ricerca dello sbocco a questa crisi come loro stanno cercando di fare e cioè con le elezioni in novembre. Non può essere garantito un processo di elezione trasparente e con garanzie nelle condizioni attuali del paese. Siamo ancora in uno stato di coprifuoco e sotto il controllo militare e continuano sospese le garanzie individuali ed i mezzi di comunicazione.

Le elezioni non possono essere l'uscita di questa crisi, perché allora sarebbe come legalizzare un colpo di Stato. Questo non solo colpisce l'Honduras, bensì a tutta l'America latina. Perché d'ora in poi, qualunque governo che si opponesse a potenti gruppi o interessi economici potrebbe essere vittima di quello che sta succedendo al presidente Manuel Zelaya. Lui ed il gruppo di persone che l'accompagnano nell'ambasciata stanno soffrendo alcune condizioni realmente precarie.

N+: Che cosa comporterebbe per l'Honduras e per l'America Latina il trionfo della democrazia e del cambiamento che promuovono i movimenti sociali?

FNRP: In definitiva, il fatto che riuscisse la restituzione di Zelaya e si risolvesse questa crisi politica non avrebbe solo valore per gli honduregni, bensì per tutta l'America Latina. Sarebbe anche il trionfo di tutte questi piattaforme di movimenti ed organizzazioni sociali che esigono cambiamenti strutturali e riforme politiche e sociali che beneficino tutta la popolazione. Questo è qualcosa che deve succedere in tutta l'America Latina. Non possiamo permettere che la disuguaglianza si mantenga e che continuino gli stessi livelli di corruzione che presenti nei nostri paesi sottomessi alla povertà e l'oppressione.

Il ritorno della democrazia ed l'ottenimento di queste richieste dei movimenti sociali sarebbero una vittoria per l'America e per tutto il mondo. Se non lo otterremo sarà una sconfitta che lascerà il segno nello spirito e nell'immaginario collettivo della popolazione.

La restituzione di Manuel Zelaya è uno dei passi, ma la chiave è che la popolazione che si è svegliata e ha già una coscienza critica verso le problematiche che ci hanno oppresso, prenda forza e continui nella lotta per costruire un Honduras ed una America Latina più giuste, più solidali e più coscienti.

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!