giovedì 7 aprile 2011

La Carovana nel deserto

Sidi Bou ZidProfughi: dalle Marche al confine libico

Dire, gridare, manifestare contro i bombardamenti in Libia e schierarsi idealmente con i rivoltosi in Maghreb e Mashreq è importante, cosi come difendere i diritti dei migranti. Ma non è sufficiente: bisogna costruire relazioni tra persone, movimenti e associazioni in tutta l'area mediterranea per sostenere concretamente le spinte democratiche che hanno mosso i paesi della sponda sud del mare nostrum. È quel che pensano i promotori della Carovana internazionale che partirà venerdì da Tunisi diretta al campo profughi di Ras Jadir al confine con la Libia, per portare aiuti, medicinali, latte per i bambini. L'iniziativa è nata nell'ambito di “uniti contro la crisi” su spinta di un gruppo di compagni marchigiani che da tempo hanno stretto legami e costruito iniziative con un gruppo di giovani tunisini presenti nel territorio. Rete dei centri sociali autogestiti, Ya Basta! e Ambasciata dei diritti in testa, a cui si sono aggiunte molte realtà, dal Nordest ai romani di Action capitanati dal consigliere Andrea Alzetta, agli studenti e alle esperienze legate a “uniti contro la crisi” (come Esc,UniCommons) che per l'occasione prende il nome di “uniti per la libertà”.

sabato 2 aprile 2011

Uniti per lo Sciopero

Uniti per lo sciopero, contro la crisi, contro ogni guerra, contro chi ci ruba il futuro. Uniti perché in un mondo che ci vuole sempre più frammentati e deboli unirsi è una necessità. Uniti non sulla base di schemi vecchi e politicisti, non mediante ricomposizioni artificiose, ma con percorsi veri, che vivano nei piccoli centri e nelle grandi metropoli.
L'occasione è lo sciopero generale chiamato dalla CGIL per il 6 maggio, uno sciopero che per le modalità e le tempistiche di convocazione rischia di essere insufficiente rispetto alle grandi lotte che si sono espresse in questi anni e in questi mesi. Ma su questo occorre ricordare un elemento non marginale: la convocazione di uno sciopero generale contro questo Governo è stata una rivendicazione che le lotte degli studenti, dei metalmeccanici, dei precari e di molte categorie di lavoratori hanno posto in modo fortissimo nelle battaglie di questo autunno. Sarebbe quindi errato affrontare questa giornata con spirito critico e distaccato: è necessario rapportarsi con lo sciopero generale come un occasione non da misurare, ma con cui misurarsi. I limiti di questo sciopero ci consegnano il compito di radicare davvero lo sciopero nei territori, generalizzandolo e generalizzandone la composizione.
Estendere lo sciopero è l'obiettivo, facendo sì che studenti, precari e movimenti sociali distanti dai percorsi sindacali, lotte territoriali, comitati referendari dell'acqua e contro il nucleare, realtà pacifiste e tutti coloro che subiscono ed hanno subito le politiche di governi di destra e di sinistra negli ultimi vent'anni possano per una volta unirsi nella costruzione di una giornata di blocco vero della produzione e della circolazione per fermare concretamente il paese.
I metalmeccanici hanno saputo porre una lotta propria come lotta di tutti e tutte, ribadendo che l'attacco non è solo rivolto ai diritti di chi lavora alla fiat, ma ai diritti di tutti i soggetti della produzione. Con questo spirito dovremo costruire relazioni forti con tutte le lavoratrici e i lavoratori che scenderanno in piazza il 6 maggio.
Gli studenti e le studentesse hanno saputo riaprire spazi di legittimità del conflitto e con una mobilitazione costante ed efficace hanno bloccato piccole città e grandi metropoli, praticando così nuove forme di sciopero. Con quello stesso spirito dovremo affrontare quella giornata, agendo comunemente e valorizzando tutte le specificità. Uniti per lo sciopero significa mettere a valore e connettere tra loro i percorsi con cui studenti, lavoratori e realtà in mobilitazione parteciperanno, ognuno con le proprie modalità, allo sciopero generale del 6 maggio.
Il percorso che ci conduce verso lo sciopero deve essere anche per noi l'occasione di estendere l'insieme delle rivendicazioni sociali e politiche, anche oltre quelle poste dalla convocazione ufficiale: democrazia, precarietà e welfare, ma anche la campagna per l'acqua bene comune e contro il nucleare. Su beni comuni, già domani sabato 26 marzo costruiremo una tappa decisiva che ci porterà alla mobilitazione a favore dei referendum.
Il desiderio per una primavera di mobilitazione e conflitto non può prescindere dalla valorizzazione dei percorsi che hanno attraversato il 13 febbraio e l'8 marzo in cui tantissime studentesse, precarie, lavoratrici, donne migranti hanno messo in questione il rapporto tra sessualità e potere, ben oltre gli scandali sessuali del premier, rivendicando diritti, welfare, salute e parità reale in tutti i luoghi di partecipazione politica e sociale.
Siamo in un quadro politico in cui si è definitivamente affermata la rottura del nesso tra istanze sociali e capacità e volontà della rappresentanza politica di accoglierle: crediamo che sia questo snodo decisivo a essere messo ogni volta in questione nelle lotte in Europa e nel Mediterraneo. La pratica democratica che passa dentro i tumulti che si sono prodotti ci dice che la questione sociale e la crisi democratica restano e devono restare indissolubilmente legate.
Da tempo un'intera generazione rivendica il proprio futuro, qui ed ora. La precarizzazione del lavoro e della vita è quindi al centro del nostro discorso politico. La precarietà, infatti, da questione prettamente generazionale si sta estendendo all'intero mercato del lavoro fino ad abbattere la distanza tra garantiti e non garantiti, colpendo però in particolar modo giovani e donne. È quindi al centro del nostro percorso di generalizzazione dello sciopero l'obiettivo di liberare le nostre vite da questo ricatto. Per questo guardiamo con interesse al 9 Aprile, come giornata utile a riaffermare il protagonismo dei precari nel percorso verso lo sciopero. Ma non solo: metteremo in campo verso lo sciopero una campagna sul welfare universale e in particolare per il reddito garantito, consapevoli che tale rivendicazione non può più essere portata avanti senza rimettere, da subito, radicalmente in discussione la spesa pubblica e l'attuale redistribuzione della ricchezza, a partire dal taglio alle spese militari, dell'opposizione al finanziamento alle scuole private e da una tassazione delle rendite e delle transazioni finanziarie.
Come per tutte le forme di protesta anche per lo sciopero si pone il tema dell'efficacia: sarà importante aprire un dibattito pubblico anche sulle modalità con cui generalizzarlo. Se, infatti, la segreteria CGIL si è limitata ad indire uno sciopero di 4 ore, e con una scelta positiva che sosteniamo molte categorie hanno esteso tale indizione ad 8 ore, nostro compito sarà coinvolgere studenti, e tutte e tutti coloro che, essendo precari, hanno tempi di vita e tempi di lavoro coincidenti: per questo lo sciopero dovrà durare 24 ore.
Il mese e mezzo che ci separa da quella data dovrà essere un mese denso, di azione e discussione pubblica. Per questo fin da subito sarà necessario avviare in tutto il paese assemblee regionali, metropolitane e territoriali, capaci, sulla base degli spunti condivisi, di programmare il percorso, organizzare la partecipazione, coinvolgere il territorio, rendere possibile la generalizzazione dello sciopero generale.
Ancora una volta, la guerra è piombata nelle nostre vite, e ancor più in quelle delle popolazioni che con determinazione e coraggio stanno provando a rovesciare il tiranno e contro le quali la guerra stessa tenta di imporre un processo di normalizzazione. Si tratta dell'ennesima guerra finalizzata a spartire la torta degli interessi economici, l'ennesima guerra per il petrolio che usa strumentalmente motivazioni umanitarie per mascherare il bieco interesse che le muove.
Crediamo che il tema della guerra non sia oggi scindibile dal dramma dei migranti che attraversano il Mediterraneo e che non possiamo respingere o rinchiudere in lager chiamati CIE, e che sia intimamente connesso al tema, riattualizzato dal dramma nucleare giapponese e dall'impegno referendario, del modello di produzione, delle risorse energetiche e della sostenibilità ambientale.
Per questo è necessario mettere in campo fin da subito una campagna che, partendo da Lampedusa, ponga il tema della libertà di movimento in Europa e per l'accoglienza dei migranti.
Abbiamo fin da subito guardato con entusiasmo alle rivolte nel Maghreb e del Mashrek, perché hanno espresso la stessa determinazione e la stessa ansia di futuro che abbiamo visto nelle piazze italiane. Ma non vogliamo limitarci alla semplice evocazione di quel fenomeno straordinario, ma esprimere concreta vicinanza con una carovana che travalichi i confini della Tunisia.
Chi prima dell'insorgenza ribelle libica stringeva solidi accordi col Colonnello si trova oggi costretto, per difendere i sui interessi, a bombardare il suo alleato, così facendo svela tutta la debolezza e doppiezza dei governi occidentali. Per questo, senza ambiguità alcuna ci mobiliteremo contro la guerra, raccogliendo l'appello a scendere in piazza il 2 Aprile in tutto il paese.
Il 6 maggio dovremo generalizzare lo sciopero, proseguire la mobilitazione, perché la primavera è già iniziata.
UNITI PER LO SCIOPERO
Assemblea nazionale – Facoltà di Lettere – Università La Sapienza – Roma
venerdì 25 marzo 2011

venerdì 1 aprile 2011

Uniti Per La Libertà! Carovana dalla Tunisia alla Libia

Libya RevoltDall' 8 all' 11 aprile 2011

Unis pour la libertè! United for freedom! Uniti per la libertà!

Nel sud est della Tunisia, al confine con la Libia, migliaia di persone vivono nel campo profughi di Ras Jadire. La situazione è drammatica: migliaia di uomini, donne e bambini in fuga dalla Libia, ma anche dalla Somalia e dall'Eritrea, sono ammassate nel campo. Si pensa che nei prossimi giorni la situazione peggiorerà ulteriormente per l'intensificarsi del numero delle persone con ferite da arma da fuoco.
Le organizzazioni di soccorso hanno allestito tende, sotto le quali medici e volontari stanno cercando di affrontare le emergenze più gravi. La Mezzaluna Rossa distribuisce i pasti, ma mancano medicinali, strumentazioni mediche e chirurgiche, latte per bambini.
Trovarsi in un campo profughi ai margini della Libia non è una sfortunata casualità: è un pezzo della guerra che consuma vite e speranze. Così come un pezzo della guerra è Lampedusa, trasformata in un carcere a cielo aperto. Una guerra dai confini labili, già cominciata all'ombra degli accordi di “amicizia” italo-libici con l'imprigionamento, l'uccisione e la deportazione di migliaia di migranti. Le stesse ragioni umanitarie che sponsorizzano le bombe parlano il linguaggio della guerra contro i profughi ed i barconi che attraversano il Mediterraneo.

Fukushima: il mare è diventato radioattivo!

Fukushima Quello che è accaduto ai reattori giapponesi di Fukushima ha definitivamente cancellato l’illusione del nucleare “sicuro”
Le ultime notizie dal Giappone riferiscono della decisione del governo di disporre un piano di verifica di tutti i reattori presenti nel Paese. Il primo ministro giapponese Naoto Kan ha dichiarato che la centrale nucleare di Fukushima deve essere smantellata e che intende "rivedere da capo il piano di costruzione di nuove centrali".
Tutto questo mentre il vicedirettore dell’Agenzia per la sicurezza nucleare giapponese dava la notizia che i livelli di iodio radioattivo nel mare, a 300 metri dalla centrale di Fukushima, sono 3.355 volte superiore al limite di legge (eri il valore era di 3.355 volte oltre i limiti). Come dire che il materiale tossico continua a riversarsi in mare e il gestore della centrale, la Tepco, non riesce a raccogliere l'acqua radioattiva intorno ai reattori e agli edifici delle turbine. L' inquinamento del mare vuol dire anche inquinamento dei pesci: il rischio è una grave contaminazione lungo tutta la catena alimentare, mentre molte persone che si trovavano nell’area più vicina alla centrale (nel raggio di 3-5 chilometri) sono già state contaminate.
Una nuova incognita che si aggrava di ora in ora e che non vede ancora nessun piano di riduzione degli sversamenti. I tecnici giapponesi starebbero anche valutando la possibilità di coprire i tre reattori danneggiati in modo da ridurre le emissioni radioattive, avanzando l’idea di ricorrere a speciali coperture per i tetti e le pareti degli edifici esterni dei reattori 1, 3 e 4, che sono forniti di speciali meccanismi di aerazione per evitare l’accumulo di gas e scongiurare eventuali devastanti esplosioni.

Venti di guerra - La Libia nel nostro Mediterraneo

Aggiornamento continuo di articoli, comunicati e contributi

Egitto - Divieto di sciopero e rabbia


"Nella tradizione, quando qualcuno della famiglia viene ucciso, non ci si può radere per i successivi 40 giorni e finché non viene fatta giustizia. E' dal 25 gennaio che non mi rado e sto ancora aspettando". Con queste parole Ahmad, istruttore di immersioni nel Mar Rosso,........................
 

Foto Benghazi

One two tre merci Sarkozé

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Viaggio a Benghazi, 21 marzo 2011
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Benghazi è sotto un attacco del Governo libico senza precedenti ed in queste ore seguiamo con attenzione le notizie che ci vengono da ...

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!