Con l'ultimo provvedimento in materia di Pubblica
Amministrazione, il governo Samaras ha sostanzialmente disposto la
mobilità del 40% del personale,
all'interno delle università. La manovra ha causato conseguenze nefaste
per la prosecuzione delle attività amministrative e didattiche delle
università,
Tutti i Senati accademici ed i Rettori degli otto
atenei ellenici hanno dichiarato di non avere un organico sufficiente,
arrivando in alcuni casi, come per il Politecnico di Atene, a bloccare
direttamente le immatricolazioni e gli esami fino a data da destinarsi.
L'austerity
e le imposizioni della Trojka stanno continuando a
smantellare il welfare greco e la linea di tendenza è sempre più il tentativo di privatizzazione e esclusione all'accesso dell'istruzione.
Di seguito da atenecalling.org riportiamo un comunicato del personale del Politecnico Metsoviano Nazionale di Atene:
399 licenziamenti – Il Politecnico di Atene sta sanguinando
In una notte, dal Politecnico di Atene (EMP) sono stati licenziati
399 impiegati, metà del suo personale. Con una decisione
ministeriale e senza l’approvazione del parlamento (le regole
fondamentali della democrazia non si applicano, quando si mettono in
atto reati predeterminati), 399 impiegati sono stati messi in
mobilità e da lì spinti verso il baratro del licenziamento.
La
scusa? Soddisfare il numero di licenziamenti richiesto dalla Troika.
399 persone perdono il loro volto, le loro caratteristiche, la loro
vita, si trasformano in numeri. Persone che, ognuno dal proprio
posto, facevano quello che potevano per lavorare al meglio,
nonostante le difficoltà, in quello che la società greca ammirava e
amava: il Politecnico Metsoviano Nazionale.
Ed è per questo che oggi portiamo le maschere. Le maschere della
tristezza, della disperazione, le maschere che nascondono centinaia
di drammi personali. Ma anche le maschere che non possono nascondere
la nostra rabbia e il nostro orgoglio. Né la nostra decisione di
lottare fino alla fine per impedire questa misura da incubo della
messa in mobilità-licenziamento. Portiamo le maschere per ricordare
che se non verrà abolita quella decisione, domani o in un futuro
vicino, al nostro posto potrebbe trovarsi chiunque di voi. La
“success story” del “recupero” è riuscita a produrre
soltanto 2 milioni di disoccupati e non smetterà di procurare
tristezza e dolore, se non la fermiamo noi.
venerdì 27 settembre 2013
Ecuador - Chevron salvata dal Tribunale internazionale dell'Aja
Intanto il presidente Correa si prepara ad allargare la frontiere dello sfruttamento petrolifero
Qualcuno l'ha definito come il più
grande danno ambientale della storia, superiore ai disastri BP nel
Golfo del Messico e ai danni della prima Guerra del Golfo nel
Persico.
Sappiamo per certo quello che ci dicono
i fatti e le sentenze: in Ecuador la Texaco è stata responsabile di
oltre 16,8 milioni di barili dispersi nella foresta amazzonica, con
oltre 1 milione di ettari disboscati, danni incalcolabili alla
vegetazione, inquinamento delle falde acquifere e danni alla salute
di diverse generazioni. Dopo un lungo iter, nel Novembre 2012, la
Corte di Sucumbios in Ecuador ha condannato la Chevron (che intanto
nel 2001 ha acquistato la Texaco) a pagare 9 miliardi di dollari alle
popolazioni colpite dai danni dell'estrazione petrolifera, che sono
diventati 18 per il rifiuto della compagnia di chiedere pubbliche
scuse.
La Chevron, da anni ormai fuori dal
paese, si è sempre opposta alla sentenza adducendo vari motivi,
dalla corruzione della corte, all'interferenza fraudolenta del
presidente Correa. Il 17 Settembre 2013 un tribunale della Corte
Internazionale di Giustizia dell'Aja dà ragione agli esposti di
Chevron-Texaco contro la Repubblica dell'Ecuador. In particolare
viene riconosciuto la non perseguibilità della multinazionale. La
TexPet(Texaco) è ritenuta libera da ogni responsabilità per i danni
ambientali e sociali, come sembrerebbe trasparire
dall'interpretazione degli accordi commerciali del 1995 e del 1998.
La Corte, riunita in sezione separata, ha dato un giudizio che
rimette in discussione la sentenza del Tribunale ecuadoriano. La
Chevron, tramite il vice-presidente Hewitt Pate, ha subito emesso un
comunicato in cui si dichiara la controversia conclusa, e proprio
grazie “all'eminente tribunale internazionale che dichiara
illegittima la sentenza” possono dirsi innocenti e tentare di
riabilitare il nome della compagnia. In particolare dal loro sito si
nota come oltre a presunti contributi alla pace nel Delta del Niger e
opere benefiche di vario tipo, viene vantato il successo nella causa,
dimenticando però di menzionare gli enormi danni all'ambiente che
comunque hanno provocato.
giovedì 19 settembre 2013
Grecia - Alba Dorata dalle aggressioni all'assasinio politico
Un omicidio politico mirato che spera nella violenta reazione della piazza per rafforzare il governo voluto della Troika
di Argiris Panagopoulos
L'allenamento
dei neonazisti di Alba Dorata con omicidi e aggressioni contro immigranti pakistani ed indiani è
finito.
Da ieri sera Alba Dorata ha fatto la sua prima vitima tra i
greci.
Il 34enne rapper antifascista Paulos Fyssas è stato
assassinato barbaramente da un killer di Alba Dorata ieri notte nel
quartiere Amfiali di Keratsini, vicino a Pireo. Un quartiere popolare
ed operaio, colpito pesantemente dalla crisi.
Paulos ha resistito per venti minuti ai
colpi dopo l'agguato. L'ambulanza è arrivata quasi mezz'ora dopo la
chiamata, per trasportarlo all'ospedali di Nikaia, dove i medici
hanno constatato la sua morte.
Per il padre di Paulos non c'è dubbio
che il colpo che ha ricevuto suo figlio è un azione di professionisti,
come gli hanno confermato anche i medici, mentre gli amici di Paulos
insistono che i neonazi avevano organizzato l'aggressione mentre stavano guardando una partita di calcio in una caffeteria di
Keratsini.
Agghiaccianti sono le
dichiarazioni degli amici di Paulos sulla presenza e la passività
della polizia durante l'aggressione, visto che erano già nella
zona e sul posto con parecchi poliziotti,
volanti e moto.
I neonazi hanno aspettato Paulos e i suoi
amici alle loro macchine e hanno cominciato ad aggredirli.
martedì 17 settembre 2013
Messico - Magistrale repressione
Violentissimo sgombero dell'accampamento dei maestri nel centro di Città del Messico: più di cento i detenuti e centinaia i feriti
Nel pomeriggio di venerdì 13 settembre, a pochi giorni dall'anniversario dell'Indipendenza nazionale e proprio con l'aberrante giustificazione di permettere la celebrazione della “festa di tutti i messicani” più di tremila agenti della Policìa Federal hanno fatto incursione nel grande accampamento che da tre settimane mantiene il sindacato dei maestri nello Zocalo, la grandissima piazza centrale di Città del Messico.
Provenienti da diversi stati della repubblica, più di cinquemila maestri elementari (e studenti delle scuole magistrali) appartenenti al sindacato Coordinadora Nacional de Trabajadores de la Educaciòn avevano scelto di accampare di fronte al Palazzo di Governo come forma di protesta contro la riforma al sistema educativo, che prevede la sostanziale privatizzazione e commercializzazione dell'educazione pubblica.
Durante la scorsa primavera, si sono svolte per settimane grandi manifestazioni contro la riforma all'articolo costituzionale relativo all'educazione statale pubblica; dalla metà di agosto, le proteste sono ricominciate in seguito all'approvazione dei decreti attuativi, che sancisce l'introduzione di criteri di competitività tra i maestri, paragonabili a quelli presenti nelle scuole private; aprono lo spazio alla precarizzazione della professione, sottomessa a continui test “di qualità”, e riducono il salario statale dei maestri, che dovrebbe essere integrato con una sorta di “cooperazione” dei genitori degli alunni.
mercoledì 11 settembre 2013
Turchia - Si riaccendono le braci
di Serena Tarabini
Questa volta il focolaio parte da Ankara, dove da diverse settimane gli studenti dell’Università Tecnica del medio Oriente (ODTU) protestano per la costruzione di una nuova autostrada, un progetto fortemente voluto dal Sindaco di Ankara, appartenente all’AKP, lo stesso Partito di Erdogan, che comporterebbe la distruzione del grande bosco adiacente il Campus; come per Gezi Park, la risposta del Governo è stata brutale: il 7 settembre scorso gli studenti che presidiavano il bosco e che hanno cercato di impedire pacificamente alle ruspe l’abbattimento dei primi alberi, sono stati attaccati pesantemente con lacrimogeni e idranti e arrestati. In seguito a questo episodio si sono susseguite manifestazioni di solidarietà anche in altre città come la stessa Istanbul; è in una di queste manifestazioni che un un altro ragazzo giovanissimo ha perso la vita. Ahmet Atakan, di 22 anni, viene colpito da un lacrimogeno alla testa e muore nelle prime ore del 10 settembre, ad Antakya. E’ la sesta vittima da giugno della brutalità della Polizia, la quale sostiene invece che il ragazzo sia morto in seguito a una caduta, e non risparmia lacrimogeni e gas urticanti neanche di fronte all’ospedale dove il ragazzo è stato trasportato.
E’ di nuovo uno shock per un paese che ha perso un altro figlio: immediata è la convocazione di altre manifestazioni in diverse città.
Questa volta il focolaio parte da Ankara, dove da diverse settimane gli studenti dell’Università Tecnica del medio Oriente (ODTU) protestano per la costruzione di una nuova autostrada, un progetto fortemente voluto dal Sindaco di Ankara, appartenente all’AKP, lo stesso Partito di Erdogan, che comporterebbe la distruzione del grande bosco adiacente il Campus; come per Gezi Park, la risposta del Governo è stata brutale: il 7 settembre scorso gli studenti che presidiavano il bosco e che hanno cercato di impedire pacificamente alle ruspe l’abbattimento dei primi alberi, sono stati attaccati pesantemente con lacrimogeni e idranti e arrestati. In seguito a questo episodio si sono susseguite manifestazioni di solidarietà anche in altre città come la stessa Istanbul; è in una di queste manifestazioni che un un altro ragazzo giovanissimo ha perso la vita. Ahmet Atakan, di 22 anni, viene colpito da un lacrimogeno alla testa e muore nelle prime ore del 10 settembre, ad Antakya. E’ la sesta vittima da giugno della brutalità della Polizia, la quale sostiene invece che il ragazzo sia morto in seguito a una caduta, e non risparmia lacrimogeni e gas urticanti neanche di fronte all’ospedale dove il ragazzo è stato trasportato.
E’ di nuovo uno shock per un paese che ha perso un altro figlio: immediata è la convocazione di altre manifestazioni in diverse città.
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ALLERTA ROSSA E CHIUSURA CARACOLES
BOICOTTA TURCHIA
Viva EZLN
Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.
La lucha sigue!