domenica 11 marzo 2018

Kurdistan - Difendere Afrin

KCK: Le forze Internazionali intervengano immediatamente per Afrin
L’Unione delle Comunità del Kurdistan (KCK) ha chiesto a tutti di insorgere contro l’invasione turca di Afrin e ha invitato le forze internazionali ad intervenire.

In una dichiarazione, la co-presidenza di KCK ha messo in guardia contro le intenzioni della Turchia di commettere un genocidio ad Afrin e ha invitato le potenze internazionali ad intervenire per fermare l’invasione.

Il fascismo dell’ AKP-MHP sta conducendo questa invasione per commettere un genocidio. Un genocidio contro la società kurda finalizzato a costringere le persone a lasciare le loro terre e a distruggere il sistema democratico. La città è stata bombardata e centinaia di civili sono stati uccisi tra cui donne e bambini. Questo genocidio e la conseguente invasione sono stati portati avanti di fronte agli occhi dell’umanità. Una città ora è al punto di essere distrutta dal secondo esercito più grande della NATO che è dotato di armi prodotte da diversi paesi. Questo attacco viene legittimato diffondendo la propaganda come se due eserciti di un grande stato si stessero combattendo l’uno contro l’altro. Questi poteri, inclusi i membri permanenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, che forniscono armi alla Turchia sono complici di questo crimine “, si legge nella dichiarazione.

Il KCK ha esortato i membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell’ONU ad intervenire e fermare l’invasione turca di Afrin. L’organizzazione ha detto che fermare l’invasione è diventata una responsabilità storica e ha invitato tutti i curdi e i loro sostenitori ad organizzare manifestazioni di fronte alle ambasciate russa e statunitense.

Il KCK ha anche invitato tutti i curdi ad aderire all’azione scudo umano ad Afrin e ha aggiunto: “Coloro che possono raggiungere Afrin dovrebbero immediatamente andare lì e diventare uno scudo contro questo genocidio”.

Oggi è il giorno di insorgere per il nostro popolo. Se non ci ribelliamo oggi, tutto il popolo del Rojava Kurdistan affronterà questo genocidio “, si legge nella dichiarazione.

giovedì 8 marzo 2018

Messico - Parole a nome delle donne zapatiste all'inizio del Primo Incontro Internazionale delle Donne

PAROLE A NOME DELLE DONNE ZAPATISTE ALL’INIZIO DEL PRIMO INCONTRO INTERNAZIONALE, POLITICO, ARTISTICO, SPORTIVO E CULTURALE DELLE DONNE CHE LOTTANO. 

8 marzo 2018. Caracol della zona Tzots Choj.

BUONGIORNO SORELLE DEL MESSICO E DEL MONDO:

BUONGIORNO COMPAGNE DELLA SEXTA NAZIONALE E INTERNAZIONALE:

BUONGIORNO COMPAGNE DEL CONGRESSO NAZIONALE INDIGENO E DEL CONSIGLIO INDIGENO DI GOVERNO:

BUONGIORNO COMPAGNE COMANDANTI, BASI DI APPOGGIO, AUTORITÀ AUTONOME, RESPONSABILI DI AREA, MILIZIANE E INSURGENTAS:

PRIMA DI TUTTO, VOGLIAMO INVIARE UN GRANDE ABBRACCIO ALLA FAMIGLIA DELLA COMPAGNA DELLA BASSA CALIFORNIA SUD, ELISA VEGA CASTRO, DELLE RETI DI SUPPORTO AL CONSIGLIO INDIGENO DI GOVERNO, CHE È MORTA MENTRE ACCOMPAGNAVA LA DELEGAZIONE DEL CIG IL 14 FEBBRAIO SCORSO.

ABBIAMO ASPETTATO FINO AD OGGI PER OMAGGIARE LA MEMORIA DI ELOISA IN MODO CHE IL NOSTRO ABBRACCIO FOSSE ANCORA PIÙ GRANDE E ARRIVASSE LONTANO, FINO DALL’ALTRA PARTE DEL MESSICO.

E QUESTO ABBRACCIO E QUESTO OMAGGIO SONO GRANDI PERCHÉ SONO DI TUTTE LE ZAPATISTE E DI TUTTI GLI ZAPATISTI QUI PRESENTI OGGI, 8 MARZO, PER QUESTA DONNA CHE HA LOTTATO E CI MANCA: ELOISA VEGA CASTRO. ALLA SUA FAMIGLIA VA TUTTO IL NOSTRO AFFETTO.

SORELLE E COMPAGNE CHE CI FATE VISITA:
GRAZIE A TUTTE COLORO CHE SONO GIÀ QUI PRESENTI PER QUESTO PRIMO INCONTRO INTERNAZIONALE DELLE DONNE CHE LOTTANO.

GRAZIE PER AVER FATTO LO SFORZO DI VENIRE QUI IN QUESTO ANGOLO IN CUI CI TROVIAMO DA TUTTE LE PARTI DEL MONDO.

SAPPIAMO BENE CHE NON È STATO FACILE ARRIVARE FINO A QUI E CHE PROBABILMENTE MOLTE DONNE NON SONO RIUSCITE A VENIRE ALL’INCONTRO.

IL MIO NOME È INSURGENTA ERIKA, PERCHÉ COSÌ CI CHIAMIAMO NOI INSURGENTAS QUANDO NON PARLIAMO DI INDIVIDUI MA DEL COLLETTIVO. SONO CAPITANA INSURGENTA DI FANTERIA E MI ACCOMPAGNANO ALTRE COMPAGNE INSURGENTAS E MILIZIANE DI DIVERSI GRADI.

IL NOSTRO LAVORO SARÀ CONTROLLARE QUESTO LUOGO, AFFINCHÉ CI SIANO SOLO DONNE, SENZA LASCIARE CHE SI INTRODUCA ALCUN UOMO. PERCHÉ LO SAPPIAMO CHE SONO DEI VOLPONI.

QUINDI CI VEDRETE ANDARE DA TUTTE LE PARTI ED È PER CONTROLLARE CHE GLI UOMINI NON SI INFILTRINO E SE NE BECCHIAMO UNO LO PRENDIAMO E LO BUTTIAMO FUORI PERCHÉ È STATO DETTO CHIARAMENTE CHE GLI UOMINI NON SONO INVITATI E PER QUESTO GLI TOCCA STARE FUORI, POI AVRANNO TEMPO DI CAPIRE COSA È SUCCESSO QUI.

VOI POTETE ANDARE DOVE VOLETE. POTETE USCIRE O ENTRARE QUANTE VOLTE VOLETE, AVETE SOLO BISOGNO DEL PASS E BASTA. GLI UOMINI INVECE NON POSSONO ENTRARE FINO ALLA FINE DELL’INCONTRO.

CI SONO ANCHE LE COMPAGNE PROMOTRICI DI SALUTE E ALCUNE DOTTORESSE. QUINDI SE QUALCUNA SI AMMALA O NON SI SENTE BENE, BASTA CHE LO DICA A CHIUNQUE DI NOI E AVVISEREMO RAPIDAMENTE AFFINCHÉ VENGANO CONSULTATE DALLE PROMOTRICI E SE NECESSARIO DALLA DOTTORESSA E NEL CASO ABBIAMO UN’AMBULANZA PRONTA A PORTARVI ALL’OSPEDALE.

CI SONO ANCHE COMPAGNE COORDINATRICI, TECNICHE DEL SUONO, DELLA LUCE SEMPRE CHE FUNZIONI, DELL’IGIENE, DELL’IMMONDIZIA E DEI BAGNI E PER FAR SÌ CHE QUESTE COMPAGNE POSSANO PARTECIPARE ANCHE LORO ALL’INCONTRO, VI CHIEDIAMO DI PRENDERVI CURA DELLA SPAZZATURA, DELL’IGIENE E DEI BAGNI.

OGGI SIAMO IN TANTE MA È COME SE FOSSIMO UNA SOLA PERSONA AD ACCOGLIERVI AFFINCHÈ VI SENTIATE MEGLIO CHE POTETE SECONDO LE NOSTRE CONDIZIONI.

SORELLE E COMPAGNE:
LA NOSTRA PAROLA È COLLETTIVA, PER QUESTO LE MIE COMPAGNE SONO QUI CON ME.

MI TOCCA LEGGERE, MA QUESTA PAROLA LA PRONUNCIAMO IN COLLETTIVO CON TUTTE LE COMPAGNE CHE ORGANIZZANO E COORDINANO QUESTO INCONTRO.

PER NOI DONNE ZAPATISTE È UN GRANDE ORGOGLIO ESSERE QUI CON VOI E VI RINGRAZIAMO PERCHÉ CI AVETE OFFERTO UNO SPAZIO PER CONDIVIDERE CON VOI LE NOSTRE PAROLE DI LOTTA COME DONNE ZAPATISTE.

VISTO CHE PARLO A NOME DELLE MIE COMPAGNE, LA MIA PAROLA SARÀ UN MISCUGLIO PERCHÉ SIAMO DI ETÀ DIVERSE E DI VARIE LINGUE, E ABBIAMO STORIE DIVERSE.

PERCHÉ HO LAVORATO COME SERVA IN UNA CASA IN CITTÀ PRIMA DELLA SOLLEVAZIONE, E POI SONO CRESCIUTA CON LA RESISTENZA ZAPATISTA E LA RIBELLIONE ZAPATISTE DELLE NOSTRE NONNE, MAMME E SORELLE MAGGIORI.

HO COMUNQUE VISTO COME ERA LA SITUAZIONE DEI NOSTRI POPOLI PRIMA DELLA LOTTA, UNA SITUAZIONE MOLTO DIFFICILE DA SPIEGARE CON PAROLE E ANCOR PIÙ DIFFICILE DA VIVERE, VISTO COME MORIVANO PER MALATTIE CURABILI I BAMBINI E LE BAMBINE, I GIOVANI, GLI ADULTI, GLI ANZIANI E LE ANZIANI.

E TUTTO PER MANCANZA DI CURE MEDICHE, DI UNA BUONA ALIMENTAZIONE, DI ISTRUZIONE.

MA MORIVAMO ANCHE PER ESSERE DONNE E MORIVAMO DI PIÙ.

NON C’ERANO ANCORA LE CLINICHE, O SE C’ERANO ERANO LONTANE. E I MEDICI DEL MALGOVERNO NON CI CURANO PERCHÉ NON SAPPIAMO PARLARE SPAGNOLO E PERCHÉ NON ABBIAMO SOLDI.

NELLA CASA IN CUI HO LAVORATO COME SERVA NON AVEVO UNO STIPENDIO, NON SAPEVO PARLARE SPAGNOLO E NON HO POTUTO STUDIARE, HO A MALAPENA IMPARATO UN PO’ A PARLARE.

POI APPRESI CHE C’ERA UN’ORGANIZZAZIONE CHE LOTTAVA E INIZIAI A PARTECIPARE COME BASE D’APPOGGIO. USCIVO DI NOTTE A STUDIARE E TORNAVO AL SORGERE DEL SOLE PERCHÉ A QUEI TEMPI NESSUNO SAPEVA DELLA LOTTA CHE FACEVAMO PERCHÉ ERA TUTTO CLANDESTINO.

A QUEI TEMPI PARTECIPAVO A LAVORI COLLETTIVI CON ALTRE DONNE ZAPATISTE COME L’ARTIGIANATO, LA RACCOLTA DEI FAGIOLI, IL LAVORO NEI CAMPI E L’ALLEVAMENTO DI BESTIAME.

E FACEVAMO TUTTO CLANDESTINAMENTE, SE AVEVAMO INCONTRI O RIFLESSIONI POLITICHE, DOVEVAMO DIRLO IN UN ALTRO MODO, ALCUNI NON SAPEVANO NULLA, NEANCHE ALL’INTERNO DELLE PROPRIE FAMIGLIE.

MA SONO ANCHE NATA E CRESCIUTA DOPO L’INIZIO DELLA GUERRA.

SONO NATA E CRESCIUTA CON LE PATTUGLIE MILITARI CHE SI AGGIRANO PER LE NOSTRE COMUNITÀ E LE NOSTRE STRADE, ASCOLTANDO I SOLDATI DIRE VOLGARITA’ ALLE DONNE SOLO PER IL FATTO CHE LORO SONO SOLDATI ARMATI E NOI SIAMO DONNE.

MA NON ABBIAMO AVUTO PAURA IN COLLETTIVO, ABBIAMO INVECE DECISO DI LOTTARE E SOSTENERCI IN COLLETTIVO COME DONNE ZAPATISTE.

COSÌ ABBIAMO IMPARATO CHE SIAMO IN GRADO DI DIFENDERCI E CHE POSSIAMO DIRIGERE.

E NON ERANO SOLO PAROLE, ABBIAMO DAVVERO PRESO LE ARMI E COMBATTUTO IL NEMICO, E IN VERITÀ ABBIAMO PRESO IL COMANDO E GUIDATO LOTTE CON TRUPPE COMPOSTE IN MAGGIORANZA DA UOMINI.

E CI HANNO OBBEDITO PERCHÉ NON IMPORTAVA SE FOSSI UN UOMO O UNA DONNA, MA CHE FOSSI DECISA A COMBATTERE SENZA ARRENDERTI, SENZA VENDERTI E SENZA CEDERE.

E SEBBENE NON AVESSIMO STUDIATO, AVEVAMO TANTA RABBIA, MOLTO CORAGGIO DATO DA TUTTI I TORTI CHE CI HANNO FATTO.

PERCHÉ HO VISSUTO IL DISPREZZO, L’UMILIAZIONE, LE DERISIONI, LE VIOLENZE, I COLPI, LE MORTI PER IL FATTO DI ESSERE DONNA, DI ESSERE INDIGENA, DI ESSERE POVERA E ORA DI ESSERE ZAPATISTA.

E SAPPIATE CHE NON ERA SEMPRE UN UOMO CHI MI SFRUTTAVA, MI DERUBAVA, MI UMILIAVA, MI COLPIVA, MI DISPREZZAVA, MI AMMAZZAVA.

MOLTE VOLTE ERANO ANCHE DONNE. E FANNO ANCORA COSÌ.

E SONO CRESCIUTA ANCHE CON LA RESISTENZA E HO VISTO COME LE MIE COMPAGNE HANNO MESSO IN PIEDI LE SCUOLE, LE CLINICHE, I LAVORI COLLETTIVI E I GOVERNI AUTONOMI.

E HO VISTO LE FESTE PUBBLICHE, DOVE TUTTE SAPEVANO DI ESSERE ZAPATISTE E SAPEVAMO DI ESSERE INSIEME.

E HO VISTO CHE LA RIBELLIONE, CHE LA RESISTENZA, CHE LA LOTTA, SONO ANCHE UNA FESTA, SEBBENE A VOLTE NON CI SIANO NÉ MUSICA NÉ BALLI E CI SIA SOLO IL PESO DEL LAVORO, DELLA PREPARAZIONE, DELLA RESISTENZA.

E HO VISTO CHE DOVE PRIMA SI POTEVA SOLO MORIRE PER IL FATTO DI ESSERE INDIGENE, DI ESSERE POVERE, DI ESSERE DONNE, ABBIAMO COSTRUITO COLLETTIVAMENTE UN NUOVO PERCORSO DI VITA: LA LIBERTÀ, LA NOSTRA LIBERTÀ.

E HO VISTO CHE DOVE PRIMA AVEVAMO SOLO LA CASA E IL CAMPO, ORA ABBIAMO SCUOLE, CLINICHE, LAVORO COLLETTIVO IN CUI COME DONNE FACCIAMO FUNZIONARE MACCHINARI E DIRIGIAMO LA LOTTA, NON SENZA ERRORI, MA STIAMO ANDANDO AVANTI, SENZA CHE NESSUNO CI DICA COME DOBBIAMO FARE A PARTE NOI STESSE.

E ADESSO VEDO CHE SIAMO ANDATE AVANTI, ANCHE SE DI POCO MA È PUR QUALCOSA.

E NON CREDETE CHE SIA STATO FACILE. È COSTATO E CONTINUA A COSTARE MOLTO.

E NON SOLO PER COLPA DEL FOTTUTO SISTEMA CAPITALISTA CHE CI VUOLE DISTRUGGERE, MA ANCHE PERCHÉ DOBBIAMO LOTTARE CONTRO IL SISTEMA CHE FA CREDERE E PENSARE AGLI UOMINI CHE NOI DONNE SIAMO INFERIORI E NON SERVIAMO A NULLA.

E A VOLTE, BISOGNA DIRLO, PERSINO TRA DONNE CI SFOTTIAMO E CI PARLIAMO MALE, VALE A DIRE CHE NON CI RISPETTIAMO.

PERCHÉ NON SOLO GLI UOMINI, ANCHE LE DONNE DI CITTÀ CI DISPREZZANO 
PERCHÉ NON CONOSCIAMO LA LOTTA DELLE DONNE, PERCHÈ NON ABBIAMO LETTO LIBRI IN CUI LE FEMMINISTE SPIEGANO COME DEVONO ESSERE LE COSE E TUTTO QUELLO CHE DICONO E CRITICANO SENZA SAPERE COM’È LA NOSTRA LOTTA.

PERCHE UNA COSA È ESSERE DONNA, UN’ALTRA È ESSERE POVERA E ANCORA UN’ALTRA COSA È ESSERE INDIGENA. E LE DONNE INDIGENE CHE MI ASCOLTANO LO SANNO BENE. ED È QUALCOSA DI ANCORA MOLTO DIVERSO ESSERE DONNA INDIGENA ZAPATISTA.

E CHIARAMENTE SAPPIAMO CHE CI MANCA ANCORA MOLTO, MA VISTO CHE SIAMO DONNE ZAPATISTE, NON CI ARRENDIAMO, NON CI VENDIAMO E NON CAMBIAMO IL NOSTRO PERCORSO DI LOTTA, VALE A DIRE CHE NON CEDIAMO.

E COSA POSSIAMO FARE? POTETE VEDERLO IN QUESTO INCONTRO, PERCHÉ L’ABBIAMO ORGANIZZATO TRA DI NOI DONNE ZAPATISTE.

PERCHÉ NON È UN’IDEA QUALUNQUE.

DA QUALCHE MESE, QUANDO IL CONGRESSO NAZIONALE INDIGENO E IL CONSIGLIO INDIGENO DI GOVERNO HANNO DICHIARATO CHE COME DONNE AVREMMO DETTO DI NON AVERE PAURA O CHE, ANCHE SE L’ABBIAMO LA CONTROLLIAMO, ABBIAMO INIZIATO A PENSARE CHE COLLETTIVAMENTE AVREMMO DOVUTO FARE QUALCOSA.

QUINDI IN TUTTE LE ZONE, ALL’INTERNO DI TUTTI I COLLETTIVI DI DONNE, GRANDI E PICCOLI, ABBIAMO INIZIATO A DISCUTERE SUL DA FARSI COME DONNE ZAPATISTE.

E DURANTE IL COMPARTE DELL’ANNO SCORSO È NATA L’IDEA CHE NOI DONNE ZAPATISTE AVREMMO PARLATO E ONORATO IL CONSIGLIO INDIGENO DI GOVERNO DA SOLE. E COSÌ È STATO, PERCHÉ SIAMO NOI DONNE AD ACCOGLIERE LE NOSTRE COMPAGNE DEL CONSIGLIO INDIGENO DI GOVERNO E LA PORTAVOCE MARICHUY QUI PRESENTE.

MA NON SOLO, ANCHE ALL’INTERNO DEI COLLETTIVI ABBIAMO PENSATO E DISCUSSO SUL FATTO CHE DOVREMMO FARE DI PIÙ VEDENDO QUEL CHE STA SUCCEDENDO.

QUEL CHE VEDIAMO, SORELLE E COMPAGNE, È CHE CI STANNO AMMAZZANDO.
E CHE CI UCCIDONO PERCHÉ SIAMO DONNE.

COME SE FOSSE UN CRIMINE E CI STESSERO CONDANNANDO A MORTE.

QUINDI ABBIAMO PENSATO DI ORGANIZZARE QUESTO INCONTRO E INVITARE TUTTE LE DONNE CHE LOTTANO.

ED ECCO PERCHÉ L’ABBIAMO PENSATO:
SONO VENUTE DONNE DA DIVERSE PARTI DEL MONDO.
CI SONO DONNE CHE HANNO STUDIATO, CHE HANNO IL DOTTORATO, LA LAUREA, CI SONO INGEGNERE, SCIENZIATE, MAESTRE, STUDENTESSE, ARTISTE, DIRIGENTI.

ECCO, NON ABBIAMO MOLTO, ALCUNE DI NOI PARLANO A MALAPENA LO SPAGNOLO.

VIVIAMO IN QUESTE MONTAGNE, LE MONTAGNE DEL SUD-EST MESSICANO.

QUI SIAMO NATE, QUI SIAMO CRESCIUTE. QUI LOTTIAMO. QUI MORIREMO.

E VEDIAMO AD ESEMPIO QUEGLI ALBERI LAGGIÙ CHE VOI CHIAMATE “FORESTA” E NOI CHIAMIAMO “MONTAGNA”.

E SAPPIAMO CHE IN QUELLA FORESTA, SU QUELLA MONTAGNA, CI SONO MOLTI ALBERI DIVERSI.

E SAPPIAMO CHE CI SONO, AD ESEMPIO, L’OCOTE E IL PINO, CHE CI SONO IL CAOBA, IL CEDRO, IL BAYALTÉ E CI SONO MOLTI ALTRI TIPI DI ALBERI.

MA SAPPIAMO ANCHE CHE OGNI PINO E OGNI OCOTE NON È LO STESSO, CIASCUNO È DIVERSO.

LO SAPPIAMO, SÌ, MA QUANDO LA VEDIAMO COSÌ LA CHIAMIAMO FORESTA O MONTAGNA.

BENE, SIAMO QUI COME UNA FORESTA O COME UN MONTE.
SIAMO TUTTE DONNE.

MA SAPPIAMO CHE CI SONO DONNE DI DIVERSI COLORI, ALTEZZE, LINGUE, CULTURE, PROFESSIONI, PENSIERI E FORME DI LOTTA.

MA DICIAMO CHE SIAMO DONNE, CHE SIAMO DONNE CHE LOTTANO.
QUINDI SIAMO DIVERSE MA SIAMO UGUALI.

E NONOSTANTE CI SIANO DONNE CHE LOTTANO CHE NON SONO QUI ORA, NOI PENSIAMO A LORO ANCHE SE NON LE VEDIAMO.

E SAPPIAMO ANCHE CHE CI SONO DONNE CHE NON COMBATTONO, CHE SI ADATTANO, VALE A DIRE CHE SI LASCIANO ANDARE.

QUINDI POSSIAMO DIRE CHE CI SONO DONNE IN TUTTO IL MONDO, UNA FORESTA DI DONNE, E CHE QUEL CHE LE RENDE UGUALI È L’ESSERE DONNA.

MA NOI, COME DONNE ZAPATISTE, VEDIAMO QUALCOS’ALTRO CHE STA SUCCEDENDO. E SI TRATTA DEL FATTO CHE A RENDERCI UGUALI CI SONO ANCHE LA VIOLENZA E LA MORTE.

ECCO LA MODERNITÀ DI QUESTO FOTTUTO SISTEMA CAPITALISTA. VEDIAMO CHE HA FATTO DIVENTARE FORESTA LE DONNE DI TUTTO IL MONDO CON LA SUA VIOLENZA E LA SUA MORTE CHE HANNO IL VOLTO, IL CORPO E LA TESTA IDIOTA DEL PATRIARCATO.

QUINDI VI ABBIAMO INVITIATE PER PARLARCI, PER ASCOLTARCI, PER GUARDARCI, PER FESTEGGIARCI.

ABBIAMO PENSATO DI STARE SOLO TRA DONNE PER POTERCI PARLARE, ASCOLTARE, GUARDARE E FESTEGGIARE SENZA LO SGUARDO DEGLI UOMINI, NON IMPORTA CHE SIANO SONO BUONI O CATTIVI.

L’IMPORTANTE È CHE SIAMO DONNE E CHE SIAMO DONNE CHE LOTTANO, VALE A DIRE CHE NON CI ADATTIAMO A QUEL CHE STA SUCCEDENDO E OGNUNA, CON I PROPRI MODI, CON I PROPRI RITMI E I PROPRI LUOGHI, LOTTA E SI RIBELLA. SI INCAZZA INSOMMA E FA QUALCOSA.

QUINDI, SORELLE E COMPAGNE, POSSIAMO SCEGLIERE COSA FARE DURANTE QUESTO INCONTRO.

INSOMMA POSSIAMO DECIDERE.

POSSIAMO SCEGLIERE DI FARE A GARA PER VEDERE CHI È PIÙ IN GAMBA, CHI PARLA MEGLIO, CHI È PIÙ RIVOLUZIONARIA, CHI È PIÙ PENSATRICE, CHI È PIÙ RADICALE, CHI È PIÙ EDUCATA, CHI È PIÙ EMANCIPATA, CHI È PIÙ BELLA, CHI È PIÙ BUONA, CHI BALLA MEGLIO, CHI DISEGNA MEGLIO, CHI CANTA MEGLIO, CHI È PIÙ DONNA, CHI VINCE NELLO SPORT, CHI LOTTA DI PIÙ.

IN OGNI CASO NON CI SARANNO UOMINI A DIRCI CHI VINCE E CHI PERDE. SOLO NOI.

O POSSIAMO ASCOLTARE E PARLARE CON RISPETTO COME DONNE IN LOTTA, POSSIAMO DEDICARCI ALLA DANZA, ALLA MUSICA, AL CINEMA, AL VIDEO, ALLA PITTURA, ALLA POESIA, AL TEATRO, ALLA SCULTURA, AL DIVERTIMENTO, AL SAPERE E ALIMENTARE COSÌ LE LOTTE CHE PORTIAMO AVANTI DOVE VIVIAMO.

QUINDI POSSIAMO SCEGLIERE, SORELLE E COMPAGNE.

O FACCIAMO A GARA TRA DI NOI E ALLA FINE DELL’INCONTRO, QUANDO TORNEREMO AI NOSTRI MONDI, CI RENDEREMO CONTO CHE NESSUNA HA VINTO.

O DECIDIAMO DI COMBATTERE INSIEME, CON LE NOSTRE DIFFERENZE, CONTRO IL SISTEMA CAPITALISTA PATRIARCALE CHE CI VIOLENTA E AMMAZZA.

QUI NON IMPORTA L’ETÀ, SE SIETE SPOSATE OPPURE NO, SE SIETE VEDOVE O DIVORZIATE, SE VENITE DALLA CITTÀ O DALLA CAMPAGNA, SE SIMPATIZZATE PER I PARTITI, SE SIETE LESBICHE, ASESSUATE O TRANSGENDER O COME VOGLIATE DEFINIRVI, SE AVETE STUDIATO O MENO, SE SIETE FEMMINISTE OPPURE NO.

SIETE TUTTE BENVENUTE E, COME DONNE ZAPATISTE, VI ASCOLTEREMO, VI GUARDEREMO E VI PARLEREMO CON RISPETTO.

CI SIAMO ORGANIZZATE AFFINCHÉ IN TUTTE LE ATTIVITÀ, PROPRIO TUTTE, CI SIA QUALCUNA DI NOI CHE PORTA IL MESSAGGIO ALLE NOSTRE COMPAGNE DEI VILLAGGI E DELLE COMUNITÀ.

ORGANIZZEREMO UN TAVOLO SPECIALE PER ACCOGLIERE LE VOSTRE CRITICHE, LÌ POTRETE DIRE QUELLO CHE VEDETE CHE ABBIAMO FATTO O CHE FACCIAMO MALE.

OSSERVEREMO E ANALIZZEREMO E, SE IN EFFETTI È COME DITE, VEDREMO COME FARE PER MIGLIORARE.

ALTRIMENTI, IN OGNI CASO PENSEREMO AL PERCHÉ CE L’AVETE DETTO.

QUEL CHE NON FAREMO È DARE LA COLPA AGLI UOMINI O AL SISTEMA PER GLI ERRORI CHE SONO NOSTRI.

PERCHÉ LA LOTTA PER LA LIBERTÀ COME DONNE ZAPATISTE È NOSTRA.

NON È COMPITO DEGLI UOMINI O DEL SISTEMA DARCI LA NOSTRA LIBERTÀ.
AL CONTRARIO, IL COMPITO DEL SISTEMA CAPITALISTA È MANTENERCI SOTTOMESSE.

SE VOGLIAMO ESSERE LIBERE, DOBBIAMO CONQUISTARCI LA LIBERTÀ NOI STESSI IN QUANTO DONNE.

VI OSSERVEREMO E ASCOLTEREMO CON RISPETTO, COMPAGNE E SORELLE.

DI TUTTO QUELLO CHE POTREMO OSSERVARE E ASCOLTARE, SAPREMO PRENDERE QUELLO CHE CI AIUTA NELLA NOSTRA LOTTA COME DONNE ZAPATISTE, E LASCIARE DA PARTE QUEL CHE NON CI AIUTA.

MA NOI NON GIUDICHIAMO NESSUNO.

NON DIREMO CHE UNA COSA VA BENE O NON VA BENE.

NON VI ABBIAMO INVITATE PER GIUDICARVI.

NÉ VI ABBIAMO INVITATE PER COMPETERE.

VI ABBIAMO INVITATE PER TROVARCI, UGUALI EPPURE DIVERSE

QUI CI SONO COMPAGNE ZAPATISTE DI DIVERSE LINGUE TRADIZIONALI. 

ASCOLTERETE LE PAROLE COLLETTIVE DELLE DONNE DI OGNI ZONA.

NON CI SIAMO TUTTE.

SIAMO MOLTE DI PIÙ, COME PURE LA NOSTRA RABBIA E IL NOSTRO CORAGGIO.

MA LA NOSTRA RABBIA E LA NOSTRA LOTTA NON SONO SOLO PER NOI, MA PER TUTTE LE DONNE VIOLENTATE, ASSASSINATE, ABUSATE, COLPITE, INSULTATE, DISPREZZATE, DERISE, SCOMPARSE, PRIGIONIERE.

QUINDI, COMPAGNA E SORELLA, NON TI CHIEDIAMO DI VENIRE A LOTTARE PER NOI, COSÌ COME NON VERREMO A COMBATTERE PER TE.

OGNUNA HA IL PROPRIO STILE, I PROPRI MODI E I PROPRI TEMPI.

L’UNICA COSA CHE VI CHIEDIAMO È DI CONTINUARE A LOTTARE, DI NON ARRENDERVI, DI NON VENDERVI, DI NON RINUNCIARE AD ESSERE DONNE CHE COMBATTONO.

E PER CONCLUDERE VI CHIEDIAMO QUALCOSA DI SPECIALE PER QUESTI GIORNI CHE PASSERETE CON NOI.

DA VARIE PARTI DEL MESSICO E DEL MONDO SONO VENUTE ANCHE SORELLE E COMPAGNE DI UNA CERTA ETÀ, “DI GIUDIZIO” LE CHIAMIAMO DA QUESTE PARTI.
SONO DONNE CHE LOTTANO DA MOLTI ANNI.

VI CHIEDIAMO DI AVERE UN RISPETTO E UNA CONSIDERAZIONE SPECIALE, PERCHÉ VOGLIAMO DIVENTARE COME LORO, SAPERE CHE CONTINUEREMO A LOTTARE ANCHE QUANDO AVREMO UNA CERTA ETÀ.

VOGLIAMO DIVENTARE ANZIANE E POTER DIRE CHE ABBIAMO TANTI ANNI E CHE OGNI ANNO VUOL DIRE UN ANNO DI LOTTA.

MA PER QUESTO DOBBIAMO RIMANERE VIVE.

PER CIO’ QUESTO INCONTRO È PER LA VITA.

E NESSUNO CE LA REGALERÀ, SORELLE E COMPAGNE.

NÉ DIO, NÉ L’UOMO, NÉ IL PARTITO, NÉ UN SALVATORE, NÉ UN CAPO, NÉ UN COMANDANTE, NÉ UNA COMANDANTA, NÉ UNA CAPA.

DOBBIAMO LOTTARE PER LA VITA.

INSOMMA, COSÌ CI È TOCCATO, A NOI COME A VOI SORELLE E COMPAGNE, E A TUTTE LE DONNE CHE COMBATTONO.

FORSE, QUANDO L’INCONTRO SARÀ FINITO, QUANDO TORNERETE AI VOSTRI MONDI, AI VOSTRI TEMPI, AI VOSTRI MODI, QUALCUNO VI CHIEDERÀ SE SARA’ STATA PRESA QUALCHE DECISIONE. PERCHÉ SONO MOLTO DIVERSI I PENSIERI CHE SONO ARRIVATI IN QUESTE TERRE ZAPATISTE.

FORSE, RISPONDERETE DI NO.

O FORSE RISPONDERETE DI SI`, CHE ABBIAMO PRESO UNA DECISIONE.

E FORSE, QUANDO VI CHIEDERANNO QUALE SIA LA DECISIONE, DIRETE: “ABBIAMO DECISO DI VIVERE, E VISTO CHE PER NOI VIVERE SIGNIFICA LOTTARE, ABBIAMO DECISO DI LOTTARE OGNUNA A MODO SUO, SECONDO IL PROPRIO LUOGO E CON I PROPRI TEMPI”.

E FORSE RISPONDERETE ANCHE “E ALLA FINE DELL’INCONTRO ABBIAMO DECISO DI TROVARCI L’ANNO PROSSIMO IN TERRE ZAPATISTE PERCHÉ CI HANNO INVITATE DI NUOVO”.

È TUTTO QUELLO CHE VOLEVAMO DIRE, GRAZIE PER AVERCI ASCOLTATO.

VIVA TUTTE LE DONNE DEL MONDO!

A MORTE IL SISTEMA PATRIARCALE!

Dalle montagne del sud-est messicano.
Le donne zapatiste.
8 marzo 2018, Chiapas, Messico, Mondo.

Testo originale http://enlacezapatista.ezln.org.mx/2018/03/08/palabras-a-nombre-de-las-mujeres-zapatistas-al-inicio-del-primer-encuentro-internacional-politico-artistico-deportivo-y-cultural-de-mujeres-que-luchan/


Traduzione a cura di 20ZLN

martedì 6 marzo 2018

Kurdistan - Movimento di Liberazione delle donne curde (KJK): Alle donne del mondo

Dalle montagne del Kurdistan, nelle terre dove la società si è sviluppata con la guida delle donne, vi salutiamo con la nostra grande libertà, passione, ambizione e lotta indissolubile. Dai quartieri del Rojava alle foreste del Sud America, dalle strade europee alle pianure dell’Africa, dalle valli del Medio Oriente alle piazze del Nord America, dalle montagne dell’Asia agli altipiani australiani; con il nostro amore che non conosce confini e con i nostri sentimenti più rivoluzionari, abbracciamo tutte le donne che rafforzano la lotta per la libertà e l’uguaglianza.

In occasione dell’8 marzo 2018, Giornata internazionale della lotta per le donne, commemoriamo tutte le donne che hanno dato la vita nella ricerca della libertà, nella resistenza contro la schiavitù, lo sfruttamento e l’occupazione. Da Rosa Luxemburg a Sakine Cansız, da Kittur Rani Chennamma a Berta Caceres, da Ella Baker a Henan da Raqqa, da Djamila Bouhired, alla palestinese Sana’a Mehaidli a Nadia Anjuman, siamo sempre grate alle immortali guerriere della lotta di liberazione delle donne. La loro luce squarcia l’oscurità che ci è stata imposta. Sul sentiero che hanno illuminato davanti a noi, marciamo verso la libertà. Insieme a loro, commemoriamo tutte le donne che sono state assassinate nel corso di un regime patriarcale di cinquemila anni, attraverso ogni sorta di violenza maschile, guerre, terrore di Stato, occupazioni coloniali, poteri mascherati religiosamente, bande di uomini, mariti e cosiddetti amanti.È il loro ricordo che spinge la nostra incrollabile determinazione a porre fine al femminicidio, la più antica guerra del mondo.

Care donne, compagne, sorelle,
siamo nel bel mezzo di un processo di trasformazione epocale. Il sistema patriarcale, coetaneo della civiltà statalista, sta attraversando una profonda crisi strutturale. Come donne, dobbiamo diagnosticare questa crisi sistemica con le sue cause e conseguenze, stabilire analisi forti e sviluppare prospettive che accelerino la nostra lotta. Perché, se la crisi strutturale del sistema costituisce una grande minaccia per le donne di tutto il mondo, offre anche opportunità per affermare la libertà delle donne. Opportunità che forse si presenta solo una volta ogni secolo.


Possiamo trasformare il 21° secolo nell’era della liberazione delle donne! E non è un sogno o un’utopia. È una realtà. Ma affinché si realizzi dobbiamo creare un programma di liberazione delle donne per il XXI secolo.

Per questo, dobbiamo prima di tutto cogliere pienamente, nella loro interezza, le contraddizioni e le caratteristiche fondamentali dell’epoca in cui viviamo. Quali possibilità e quali rischi queste contraddizioni e caratteristiche costituiscono dal punto di vista della liberazione delle donne? Che tipo di responsabilità dobbiamo assumere in questo senso, come organizzazioni e movimenti globali delle donne?

Nel XXI secolo il sistema mondiale è entrato in una profonda crisi, tanto che si parla di “nuovo ordine del mondo”.

Cercando di riorganizzarsi per uscire dalla crisi, la modernità capitalista per prima cosa tentò di applicare questo nuovo ordine in Medio Oriente sotto il nome di “Grande progetto per il Medio Oriente”. Ebbene, denominiamo il processo iniziato con gli interventi in Afghanistan e in Iraq, proseguito con la primavera araba in Nord Africa e intensificato negli ultimi anni in Siria, Iraq e Kurdistan, “terza guerra mondiale”. Mentre i regimi dello Stato-nazione in Medio Oriente, creati dagli Stati occidentali cento anni fa per riprodurre il caos e la crisi in modo permanente, cercano di proteggere lo status quo, le potenze straniere tentano di dividere nuovamente la regione.

Nominare l’attuale periodo in Medio Oriente “terza guerra mondiale” non è solo un tentativo di sottolineare il coinvolgimento delle potenze internazionali. Oltre a ciò, è chiaro che la ricostruzione della modernità capitalista in Medio Oriente avrà conseguenze su scala globale. Il sistema mondiale contemporaneo o la modernità capitalista non è un fenomeno degli ultimi 500 anni. Il suo seme ha messo radici nella forma del primo Stato risalente a 5000 anni fa in Mesopotamia e da allora ha subìto diverse trasformazioni per sostenersi fino ad oggi.

Per questo motivo, difendere la Soluzione Confederale Democratica come “terza via” contro lo status quo-ismo degli stati regionali e l’interventismo riprogettato delle potenze straniere, costituisce una responsabilità fondamentale per tutte e tutti noi, e supera i confini della Siria e del Medio Oriente. 
Il sistema di autonomia democratica che si sta attualmente costruendo con la leadership delle donne nel Rojava e nel Nord della Siria, in tali condizioni di guerra e resistenza, è l’unico modello risolutivo che ha il potenziale per porre fine alle crisi, al caos, alle contraddizioni e ai conflitti che si sono sistematicamente riprodotti nella regione durante il secolo scorso. 
Non solo gli Stati-nazione che sono stati creati insieme ai confini disegnati artificialmente dopo la prima guerra mondiale non riflettono la composizione etnica, culturale, religiosa e sociale della regione, ma hanno anche mirato a far saltare in aria la nostra millenaria cultura della vita comune. 
Oggi, nel Nord della Siria, per la prima volta viene costruito un sistema basato sulla partecipazione paritaria e libera delle donne, sul pluralismo etnico e religioso e sulla democrazia partecipativa. 
Come alternativa democratica, questo modello pone una soluzione ai problemi obsoleti del Medio Oriente, contro i regimi maschili, sessisti, monistici, nazionalisti, settari, che sono stati alimentati dal sistema globale per decenni.

Questo è il motivo per cui lo Stato turco, che ha il secondo più grande esercito nella NATO, ha lanciato con tutta la sua forza un’operazione contro il Rojava, ad Afrin, nel Nord della Siria, il 20 gennaio 2018. Questo è anche il motivo per cui potenze straniere come USA, Russia e UE non stanno ostacolando gli attacchi militari ad Afrin. Perché in Afrin si costruisce un modello di società democratica che mette al centro la liberazione delle donne. 
La resistenza di Afrin rappresenta la rivolta delle donne contro la vita capitalista della modernità. Le città e i villaggi circostanti ad Afrin resistono al fascismo, alla misoginia, allo sradicamento dei valori culturali e all’inimicizia tra i popoli. Ed è chiaro che non è solo lo Stato turco e gli alleati delle bande islamiste reclutati che si scontrano con le unità di difesa femminile e popolare di Afrin: in un piccolo pezzo di geografia come Afrin, due sistemi mondiali, due ideologie, due progetti futuri si stanno battendo. 
Mentre uno è basato sulla liberazione, l’ecologia e il pluralismo delle donne, l’altro è fatto di misoginia, potere maschile, monismo, dominio e sfruttamento. Uno brilla con tutti i colori della vita, mentre l’altro rappresenta l’oscurità. 
Pertanto, è di vitale importanza e significativo per le donne del mondo rivendicare e difendere la crescente resistenza contro il fascismo ad Afrin. 
Poiché ciò che è sotto attacco e che viene difeso, sono valori universali della libertà delle donne. In questa occasione, come KJK, salutiamo e ci congratuliamo con le/i combattenti per la libertà, che assumono la guida della resistenza ad Afrin, e con il popolo di Afrin che difende eroicamente le sue terre dagli invasori. Le donne e l’unità vinceranno. Il fascismo perderà.

Il processo rivoluzionario in Rojava e nel Nord della Siria mostra questa verità a tutte e tutti noi: le vere rivoluzioni devono essere rivoluzioni femminili. I tentativi rivoluzionari che non si basano sulla liberazione delle donne non hanno possibilità di successo. 
La ragione fondamentale dell’incapacità dei movimenti socialisti e rivoluzionari del ventesimo secolo di realizzare obiettivi desiderati nonostante i loro innumerevoli sacrifici, dedizione e programmi, è il fatto che non hanno messo la liberazione delle donne al centro delle loro lotte. 
La questione delle donne non è un problema secondario, bensì è alla base di tutte le altre questioni. Le donne sono la prima classe oppressa, asservita, sfruttata, colonizzata e dominata. Tutte le altre forme di sfruttamento iniziano dopo lo sfruttamento delle donne. 
Per questo motivo, condurre una lotta efficace contro il sistema egemonico sarà possibile solo nel quadro di una forte ideologia e programma di liberazione, in cui l’organizzazione autonoma e separata delle donne gioca un ruolo attivo. 
La nostra esperienza di lotta ideologica e pratica trentennale come Movimento per la libertà delle donne del Kurdistan ci mostra questo.

Care donne, care compagne,
il seme del sistema globale basato sulla modernità capitalista si trova in Medio Oriente, in particolare in Mesopotamia. È in questa regione che l’attuale crisi sistemica si mostra direttamente, così com’è. 

Ma poiché la crisi del sistema mondiale patriarcale-capitalista ha una qualità globale, non esiste terra risparmiata dal sentire questa crisi, nessun lago, montagna o fiume lasciato intatto, nessuna società che non sia stata influenzata dai tentativi di dominio. 
Tuttavia, quelle più colpite dalla crisi sono le donne. E ciò è direttamente connesso al carattere sessista della modernità capitalista. Il sistema sta cercando di superare la crisi sfruttando e abusando delle donne in modo ideologico e materiale ancora più forte, e così cerca di garantire la sua esistenza.

Contro le affermazioni comuni, il liberalismo, come una delle ideologie fondamentali dello Stato- nazione, non ha portato alcun contributo positivo alla liberazione e all’uguaglianza delle donne. Al contrario, è proprio in quest’epoca liberale che il sessismo è stato rafforzato e usato come elemento ideologico. È una grande bugia che il liberalismo libera le donne. La mercificazione della donna, in tutto il suo corpo, personalità e anima, costituisce la forma più pericolosa di schiavitù.

In questo contesto, la modernità capitalista costituisce il più alto stadio del sistema patriarcale. In nessun punto della storia della civilizzazione le donne sono state soggette allo sfruttamento tanto quanto lo sono state nell’era della modernità capitalista. 
Dalla prospettiva delle donne, esiste una colonizzazione che è aumentata di mille volte nella sua profondità e nei suoi scopi. Il sessismo nella società dello stato-nazione mentre assegna all’uomo il massimo potere ha trasformato la società nella colonia più inferiore attraverso la figura della donna. In questa dimensione, nella storia della civilizzazione in generale e nella modernità capitalista in particolare, la donna è nella posizione di essere la più vecchia e la più nuova nazione colonizzata. 
Dalla prospettiva del sistema egemonico una ragione per quest’insostenibile crisi è la colonizzazione delle donne.

Le donne e la liberazione delle donne costituisce il fondamentale potere che si oppone al sistema patriarcale e capitalista mondiale. 
Al cuore di tutte le forme di potere, di egemonia, di sfruttamento, di saccheggio, di schiavitù, di violenza, e di oppressione che il sistema stesso crea in sé si basa sulla dominazione della donna. La schiavitù e la proprietà imposte sulle donne passo dopo passo si diffondono complessivamente nell’intera società. 

Questo è il motivo per cui la lotta di liberazione delle donne, tra tutte le lotte anti-sistema ha la più grande forza di scuotere dalle fondamenta il sistema del maschio egemonico. E, di fatto, è questa dinamica che disvela la crisi che il sistema sperimenta. Come donne, dobbiamo vedere chiaramente la forza che possediamo e gli effetti che creiamo.

In questo senso, l’aumento massivo della violenza e degli attacchi contro le donne in tutto il mondo è direttamente connesso a questa situazione di crisi e alla relazione tra il sistema mondiale patriarcale capitalista e la liberazione delle donne. Il sistema sessista basato sullo sfruttamento attacca la donna che pone la più grande sfida e pericolo al suo potere. 
Nei fatti parliamo di una guerra di aggressione sistematica. La forma di questa guerra di aggressione può differire al livello locale ma stiamo essenzialmente di fronte ad un fenomeno universale. Dobbiamo guardare alle connessioni tra gli stupri di gruppo in Asia e la violenza di genere negli Stati Uniti. 
Con un approccio olistico dobbiamo esaminare le uccisioni delle donne in Latinoamerica, che hanno raggiunto il livello di un massacro, come i rapimenti e la resa in schiavitù di donne e ragazze da bande, mascherate come religiose, in Africa e in Medio Oriente. Dobbiamo analizzare insieme la crescita del fascismo, i regimi misogini e i loro attacchi ai diritti ottenuti dalle donne come risultato delle loro lotte. E dobbiamo essere profondamente consapevoli del fatto che questa guerra, guidata dal sistema patriarcale su scala globale, sta cercando di soffocare la ricerca e le lotte di liberazione delle donne.

Per questo, probabilmente, il sistema maschile dominante non è mai stato così tanto messo sotto pressione nella storia della civilizzazione. 
Le sue fondamenta non sono mai state scosse fino a questo punto. Analogamente, dalla prospettiva delle donne, le condizioni per assicurare la liberazione non sono mai state così mature. Le possibilità di realizzare la seconda grande rivoluzione delle donne non ha mai raggiunto questo stadio. 
Questo è il motivo per cui stiamo attraversando un periodo storico. Ci sono dunque grandi opportunità, ma anche i pericoli sono altrettanto grandi.

Se questo è il caso, cosa dobbiamo fare, se vogliamo confrontare questi pericoli e effettivamente valutare le possibilità per assicurare la liberazione delle donne e attraverso questa la liberazione di tutta la società? Come possiamo difendere noi stesse dai crescenti attacchi del sistema? In questo caso, l’autodifesa non va intesa in senso passivo. E’ necessaria un’autodifesa attiva. 
La più grande e la più efficace forma di autodifesa è creare una vita libera e stritolare le vene del sistema dominante maschile. Dobbiamo rendere la nostra vita insostenibile per il sistema, non il contrario. 
Ma perchè questo possa succedere dobbiamo portare avanti una lotta ad un livello più alto. Su scala globale, la lotta di liberazione delle donne ha creato un forte fondamento in entrambe le dimensioni teoretica e pratica. Ma ora è il momento di mettersi in marcia.

Come Movimento di Liberazione delle donne del Kurdistan siamo state impegnate in una grande lotta per più di 30 anni per approfondire l’ideologia di liberazione della donna, per rivelare la forza di autodifesa e la coscienza delle donne e per assicurare alle donne una equa e libera partecipazione nell’ambito della politica, per superare il sessismo in tutte le sfere della vita e per accelerare la libertà delle donne. 
All’interno di questo cammino abbiamo sempre compreso l’enorme importanza e senso di condividere i nostri risultati e conclusioni con tutte le donne del mondo. E ora, con grande entusiasmo, gioia e determinazione per trasformare il 21 secolo nell’era della donna liberata, per portare alla seconda grande rivoluzione delle donne, noi miriamo di essere all’altezza della missione del movimento universale di liberazione delle donne.

Care donne,
è assolutamente essenziale che ci organizziamo ad un livello universale per creare un sistema di donne globale e equo contro il sistema mondiale capitalista sessista e patriarcale. Una tattica cruciale del sistema egemonico è la divisione. La nostra forza, tuttavia, deriva dall’unità. Senza rigettare le differenze tra noi, mentre proteggiamo le nostre particolarità e i nostri colori, non c’è nulla che – se non come un mosaico, allora come un artefatto di marmo – il movimento globale di liberazione delle donne non possa raggiungere. Perché questo possa accadere, dobbiamo sviluppare alleanze democratiche tra donne. 


Dobbiamo sviluppare modi, metodi, e prospettive appropriate alle condizioni, secondo le caratteristiche e le necessità del ventunesimo secolo. Essenzialmente, dobbiamo tutte insieme sviluppare per il ventunesimo secolo il programma di liberazione delle donne.

Come movimento di liberazione delle donne del Kurdistan noi dobbiamo lo sviluppo della nostra rivoluzione come una rivoluzione di donne al nostro leader Abdullah Ocalan, che 19 anni fa è stato rapito all’interno di una cospirazione della organizzazione di bande maschile e statale chiamata NATO ed è ancora in ostaggio in Turchia in condizioni di isolamento che non hanno precedente storico.

È il sistema di analisi di Ocalan, le sue prospettive di liberazione, la sua trasformazione personale, i sui sforzi senza fine per lo sviluppo del movimento per la liberazione della donna che mettono insieme la forza che sta dietro queste dinamiche che ora ispirano persone in tutto il mondo. Il suo essere rinchiuso in una prigione in un’isola negli ultimi 19 anni e il suo completo isolamento dal mondo esterno negli ultimi quasi tre anni sono connessi all’influenza delle sue idee. 

Però i pensieri non possono essere isolati; gli spiriti liberi non possono essere tenuti in ostaggio. Il seguente estratto dalle prospettive di Ocalan, sviluppato in condizioni di isolamento carcerario, è illuminante sotto la prospettiva di una lotta universale di liberazione delle donne:
Senza dubbio, la denuncia della situazione della donna è una dimensione del problema. 
Ma quello che è più importante riguarda la questione della liberazione. In altre parole, la soluzione del problema ha un’importanza molto più grande. Si dice spesso che il livello di libertà generale della società si può misurare dalla libertà delle donne. È corretto e importante considerare come si possa riempire questa affermazione. La liberazione delle donne e l’uguaglianza non semplicemente determina la libertà ed uguaglianza della società. 
Per questo sono necessari la teoria, programmi, organizzazioni, e pianificazione di azioni. 
Più importante, mostra che non possono esserci politiche democratiche senza le donne e inoltre che, nei fatti, la politica di classe rimarrà inadeguata, e natura e pace non possono essere sviluppate e protette.”

Come movimento di liberazione delle donne curde, in occasione dell’8 marzo 2018, lanciamo un appello alle donne del mondo: mettiamoci assieme e assieme sviluppiamo la necessaria teoria, programmi, organizzazione, e piani di azione per la liberazione della donna. Con la coscienza che solo una lotta organizzata può portarci risultati, aumentiamo l’organizzazione in tutte le sfere della vita. 
Collettivizziamo le nostre coscienze, forza di analisi, esperienze di lotta, e prospettive per creare le nostre alleanze democratiche. Non lottiamo le une separate dalle altre – lottiamo assieme. 
E, lungo il percorso, trasformiamo il ventunesimo secolo nell’era della liberazione della donna! 
Perché questo è esattamente il momento giusto! 
È il momento per la rivoluzione delle donne!


Afrin è ovunque, e ovunque è resistenza!
Evviva la lotta universale di liberazione delle donne!
Jin, jiyan, azadi! Donne, vita, libertà!



8 marzo 2018
Komalên Jinên Kurdistan (KJK)


Scarica in PDF: Declarazione del KJK-8 marzo 2018

sabato 3 marzo 2018

Messico - Marichuy e l’esclusione politica

di Luis Hernández Navarro 

I promotori del voto utile possono stare tranquilli. María de Jesús Patricio non sottrarrà voti a nessuno nella corsa presidenziale. La voce dei popoli indigeni non ci sarà sulla scheda elettorale. L’unica aspirante alla Presidenza che negli ultimi mesi ha parlato chiaramente della depredazione, lo sfruttamento, l’oppressione e la discriminazione che subisce il Messico del basso non sarà candidata.

Marichuy aveva bisogno di 866 mila 593 firme per essere ammessa alla contesa elettorale. Anche se ancora manca la verifica finale, ha raccolto 281 mila 952 firme. (…).

Il livello di affidabilità delle firme consegnate dalla portavoce del Consiglio Indigeno di Governo (CIG) è del 94,48%. Il più alto tra tutti gli aspiranti alla candidatura indipendente. Gli altri hanno compiuto vere magie. La percentuale di firme convalidata di Jaime Rodríguez, El Bronco, è stata solo del 59,46%; quello di Armando Ríos Piter, 65,66%, e quello di Margarita Zavala, 67,59%. L’aspirante Édgar Portillo ha presentato solo il 2,63% di firme vere.

Le adesioni di Marichuy sono state raccolte da un esercito di volontari che non hanno ricevuto alcun compenso e senza risorse economiche per comperare gli apparecchi telefonici necessari per scannerizzare e trasmettere le sigle all’Istituto Nazionale Elettorale (INE). Mentre il resto degli aspiranti ha commissionato ad agenzie specializzate o a personale stipendiato la raccolta delle firme, la squadra di Marichuy, molti giovani studenti, ha cooperato al compito senza nessun compenso e senza altra spinta che quella di contribuire ad una giusta causa. In un paese in cui i voti si comprano e l’anagrafe elettorale si vende, il gruppo di appoggio del CIG ha dato una lezione di dignità e autentico senso civico.

Praticamente in tutto il mondo, partecipare alle elezioni richiede grandi somme di denaro. Anni fa, il film statunitense intitolato Chi più spende… più guadagna! mostrava come le campagne elettorali sono una bestia insaziabile che divora fortune. Nel film, Montgomery Brewster, un giocatore di baseball in disgrazia, avrebbe ricevuto un’eredità di 300 milioni di dollari a condizione che fosse stato in grado di spenderne 30 milioni in un mese senza comprare niente. Per superare la sfida non trovò modo migliore che candidarsi come sindaco di New York.

Come succede in Chi più spende… più guadagna!, nelle campagne elettorali in Messico circolano fiumi di denaro. Partiti e candidati spendono enormi fortune per vincere o per impedire che i loro avversari vincano. Molte di queste risorse non sono lecite, ma si usano.

Controcorrente a questo comportamento, in questi mesi Marichuy si è spostata praticamente per tutto il paese con pochissimi soldi. Ha rifiutato l’aiuto ufficiale e si è affidata essenzialmente al lavoro spontaneo e gratuito dei suoi simpatizzanti. Le comunità che ha visitato negli angoli più reconditi del paese sono state i suoi anfitrioni. Si è così dimostrato che è possibile fare un’altra politica che non giri intorno ai soldi.

Ancora prima dell’avvio della sua campagna, María de Jesús Patricio è stata vittima del razzismo e della più bassa misoginia. La sua doppia condizione di donna e indigena ha tirato fuori il peggio della società e della politica messicane. Molte belle coscienze liberali, tanto pronte a saltare sul pulpito alla prima occasione per criticare personaggi della nostra vita politica, sono stati in silenzio di fronte alle aggressioni.

Gli esempi delle assurdità circolate in rete sono numerosi. L’account @nopalmuino ha scritto: “Quella di #Marichuy è una pagliacciata, votare per lei solo perché indigena e donna… bisogna proprio essere stupidi”. Un altro che si firma Avvocato del diavolo, ha detto: “sì voterei per #Marichuy. Si vede che è esperta di pulizie in Messico”. Un altro che si fa chiamare Gonz and Roses ha twittato: “Quella #Marichuy somiglia a quella che pulisce casa mia”. L’enigmatico 0111001Or ha sparato: “Chi è #Marichuy e perché non sta facendo il pozole?”.

Tuttavia, queste non sono state le uniche espressioni contro di lei dalla politica più becera. Dalle file di una certa sinistra, alcuni personaggi l’hanno presentata non per quello che è, una donna indigena brillante e intelligente con una lunga esperienza politica, che difende una causa ignorata nella campagna elettorale, quella dei popoli indigeni e l’anticapitalismo, ma come un burattino dello zapatismo per sottrarre voti a chissà chi e perfino come uno strumento del governo o di Carlos Salinas de Gortari.

La campagna di María de Jesús Patricio ha riscosso grande successo evidenziando l’esistenza di quei rabbiosi razzisti, misogini ed escludenti nella società e nella politica messicane. In realtà, tutta questa spazzatura emersa dalla campagna elettorale mostra una delle ragioni per cui è stata necessaria questa incursione.

Le difficoltà che Marichuy ed il CIG hanno affrontato per essere presenti sulla scheda elettorale dimostrano che, benché formalmente esistano per legge le candidature civiche, ciò che prevale è un regime partitocratico in cui le carte sono a favore del monopolio della rappresentanza politica dei partiti. Possono inserirsi nella politica come candidati indipendenti, principalmente e quasi esclusivamente, i politici tradizionali.

Questo regime partitocratico, elitario ed escludente, nato dal Pacto de Barcelona del 1996 tra PRI, PAN e PRD, lascia senza rappresentanza politica un’enorme settore del paese. Lungi dal mettere in discussione la partitocrazia, la logica dei comizi del 2018 la rafforza. Basta guardare le liste dei candidati a deputati e senatori delle diverse coalizioni e le loro proposte in futuri ministeri di governo, per vedere che, essenzialmente, benché competano per sigle differenti, molti sono gli stessi di sempre. La campagna di Marichuy è diventata la prova evidente che una vera transizione democratica continua ad essere la questione in sospeso centrale dell’agenda politica nazionale. 

http://www.jornada.unam.mx/2018/02/27/opinion/019a2pol
Twitter: @lhan55
Traduzione “Maribel” – Bergamo

venerdì 2 marzo 2018

#8 Marzo - Maschi e contro il patriarcato?

Nel mondo di oggi dominano le semplificazioni e forse si corre più che in passato il rischio di pensare che sia sufficiente usare parole adeguate, assumere posizioni e atteggiamenti “politicamente corretti”, per non essere dalla parte di chi opprime. Non è affatto così, in modo particolare per quel che riguarda gli uomini e l’eredità del patriarcato. Se non possiamo sentire la sofferenza della violenza e del disprezzo sulla nostra pelle, di quale cambiamento possiamo parlare nell’oppressione maschile? E allora? Dobbiamo rassegnarci e accettare con l’opportunismo del caso, oppure con amara e comoda serenità, il destino che ci ha fatto nascere dalla parte di un privilegio per il quale proviamo vergogna? Naturalmente no, sebbene non ci siano linee da seguire né percorsi liberatori segnati. Possiamo cominciare, tuttavia, dalla consapevolezza di dover attraversare una crisi molto profonda

Foto: En Pareja.com

di Raúl Zibechi

Possono esistere maschi anti-patriarcali? Due anni fa, nella casa di Mujeres Creando, a La Paz, ho formulato questa domanda a Maria Galindo. Lo sghignazzo fragoroso deve aver risuonato fino a El Alto, arrampicato sulle pendici della hoyada (una depressione del terreno circostante, ndt), per poi vagabondare nell’altopiano. È rimasta a ridere per un bel po’, Maria. Quando ha recuperato la serenità, ha detto una cosa che m’è sembrata di senso comune, provenendo dall’anima e dal corpo di una donna femminista lesbica in un mondo di maschi: solo se si attraversa una crisi profonda.

Adesso, che si avvicina la giornata di lotta dell’8 marzo e si moltiplicano le assemblee di donne per preparare lo sciopero e le mobilitazioni, sento la necessità di tornare su alcuni interrogativi. Possono esistere uomini non patriarcali? C’è poi una domanda ancora più complessa: noi maschi possiamo essere femministi? Credo siano due orientamenti diversi. La prima domanda possiamo discuterla. La seconda dovremmo scartarla, almeno nell’accezione in cui viene posta.

Noi maschi possiamo simpatizzare con il femminismo, ma assumere il fatto che potremmo essere tali è un altro paio di maniche. Possono essere comunisti un padrone o un banchiere? Sì, potrebbero, sempre che si disfino dei loro beni materiali e si guadagnino la vita lavorando. È chiaro che stiamo parlando di cose materiali, che vanno e vengono, dunque. Il caso del patriarcato è molto differente perché le relazioni di oppressione di quel tipo non si risolvono in una maniera tanto “semplice”, diciamo, come disfarsi di fabbriche, case e campi.

Vorrei precisare le domande. Cosa ne facciamo del privilegio maschile? Come potrei disfarmi dei privilegi dell’essere maschio di fronte alle donne? Si tratta di privilegi simili a quelli che abbiamo noi maschi bianchi (o donne bianche) nelle comunità indigene o nei quilombos/palenques neri. Quell’asimmetria non scompare mai, salvo che uno si integri vivendo un tempo molto lungo nella comunità, come uno dei tanti, in ogni aspetto della vita. E comunque, anche in quel caso, semmai uno dovesse un giorno uscire dalla comunità, potrebbe reintegrarsi senza troppi problemi nel mondo da cui proviene.

Essendo maschi bianchi eterosessuali, poi, i privilegi si moltiplicano. E allora? 

Ritorno alla frase rumorosa di Maria Galindo. Senza crisi non ci sono cambiamenti. Almeno alcuni di quei cambiamenti che possano avvicinarci a una sensibilità capace di connetterci con il dolore delle donne, con la permanente e brutale (o sottile) umiliazione di ogni giorno, di ogni minuto. Se non possiamo sentire la sofferenza delle violentate, delle disprezzate, delle molestate sulla nostra pelle, fosse anche appena un po’, di quale cambiamento possiamo parlare? Perché nel mondo di oggi, sembrerebbe che sia sufficiente usare le parole adeguate, i termini politicamente corretti, per non essere più parte del mondo degli oppressori.

Per questo è necessaria la crisi. Perché de-costruire il ruolo del maschio oppressore non è una questione teorico-accademica; perché non basta andare alle manifestazioni dell’8 marzo; perché non è sufficiente assumersi una parte dei compiti domestici. 

A questo punto, voglio precisare che non ho la minima idea di come potremmo uscire dal ruolo di oppressori. Non c’è una linea e nemmeno c’è un cammino da seguire ma ci sono da creare modi di vivere e di sentire. Senza imbrogliarci. Creare è sempre qualcosa di incerto, perché non possiamo mai anticipare i risultati. Per questo la crisi. Perché si tratta di uscire da un ruolo, cosa già di per sé difficile, senza sapere dove collocarsi, in quale ruolo mettersi, come muoversi. Nei cortei delle donne siamo abituati a posizionarci in coda, oppure di fianco sul marciapiede. È un primo movimento. E poi? 

Sulla base della mia esperienza nel mondo indigeno e nero, posso solo dire che si tratta di camminare in punta di piedi, senza far rumore, sempre ai lati, mai al centro. Lavorare sull’ego in ogni secondo, in ogni movimento, con tutti i pori e tutti i desideri.

Ogni volta che ho domandato a qualche compagna “cosa dobbiamo fare”, è comparso un gesto di incertezza. Neppure loro sanno che posto possiamo occupare noi maschi che non vogliamo essere patriarcali, né nella vita quotidiana né negli spazi collettivi comuni. 

Dovrebbe essere un farsi più piccoli per uscire dal ruolo ereditato, qualcosa come camminare con gli occhi bendati, sapendo che ci saranno scivoloni, cadute, ferite… e che, probabilmente, prima o poi apparirà una mano che ci sostiene. Che altro possiamo chiedere, noi che opprimiamo, alla vita?

Questo articolo è uscito in spagnolo su Desinformemonos.
Traduzione per Comune: Marco Calabria.

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!