mercoledì 29 ottobre 2008

La Dignity attracca al porto di Gaza

Free Gaza: la SS Dignity attracca al Porto di Gaza

Sono da poco passate le sette (ora locale) quando la Dignity arriva nelle acque territoriali di Gaza, formalmente sono sotto controllo israeliano. L’imbarcazione viene fermata per una decina di minuti e poi lasciata passare.

"Ieri la Marina militare israeliana aveva minacciato che avrebbe fermato la nave nelle acque territoriali israeliane e arrestato i passeggeri", dicono gli attivisti di Free Gaza movement.

Ai pescherecci palestinesi, nella violazione di tutte le risoluzioni Onu, è vietato oltrepassare le 4 miglia, il che rende impossibile le attività di pesca.

Anche l’arrivo degli aiuti umanitari viene controllato e gestito dalle autorità israeliane.

Nonostante le minacce, alle otto e dieci (ora locale), la Dignity attracca al Porto di Gaza accolta dagli applausi dei pescatori palestinesi.

La prima tappa dei passeggeri è presso l’ospedale per consegnare i medicinali caricati a bordo.


Cronaca audio

L’imbarcazione entra in porto. [ audio ]

La cronaca a poca distanza dal porto. [ audio ]

martedì 28 ottobre 2008

Attraversare il mare per rompere l'assedio



Free Gaza: è salpata Dignity

E’ partita da Larnaca nell’isola di Cipro attorno alle 15.00 (ora locale) "Dignity" la nave che raggiungerà il porto di Gaza.
L’iniziativa organizzata dal Free Gaza movement, associazione attiva da anni nei territori occupati palestinesi, vuole rompere l’assedio che il governo israeliano sta imponendo su questa striscia di terra. Una prigione a cielo aperto in cui sono rinchiuse 1milione e mezzo di persone.
L’equipaggio è composto da 26 passeggeri proventi da 12 diversi paesi, incluso Palestina e Israele. A bordo anche Mairead Maguire, Premio Nobel per la pace nel 1976, membri del Consiglio legislativo palestinese, alcuni medici provenienti dall’Europa e il Dr. Mustafa Barghouti, leader di Almubadara ed esponente della società civile palestinese.
Partecipa al viaggio anche Gideon Sprio, giornalista isrealiano e attivista che da anni si batte contro l’occupazione israeliana in Cisgiorgania.
Questo è il secondo viaggio via mare organizzato da Free Gaza movement, il primo viaggio è stato l’agosto scorso. "Stiamo tornando a Gaza" - hanno spiegato gli attivisti in un comunicato - "esattamente per le stesse ragioni per cui siamo andati nel mese di agosto: per fornire supporto medico, incontrare le organizzazioni della società civile, i volontari degli ospedali e incontrare i palestinesi che hanno chiesto la nostra presenza".

Cronaca audio
Sono passati da pochi minuti le 15.00, quando i passeggeri della Dignity vengono fatti scendere per un controllo dalla polizia locale. Ad ognuno vengono richieste le generalità e solo dopo aver verificato che nella barca oltre all’equipaggio e ai passeggeri non vi sono altre persone, viene concesso il permesso di salpare. In sottofondo il suono della sirena sullo sfondo un tramonto rosso, che annuncia un’attraversata tranquilla.

Domattina intorno alle 05.30 - 06.00 la Dignity dovrebbe arrivare in vista delle coste di Gaza.

Con Vilma Mazza la partenza. [ audio ]

Al porto l’incontro con i giornalisti e l’allestimento dell’imbarcazione. [ audio ]

Alle 14.40 la corrispondenza dal porto e la storia di Saed, un giovane palestinese. [ audio ]

Corrispondenza durante la consegna dei passaporti alle autorità cipriote. [ audio ]

lunedì 27 ottobre 2008

Soffiamo sulle vele per rompere l’assedio


Free Gaza

Attraversare il mare per rompere il muro di silenzio che accerchia e assedia, insieme all’esercito israeliano, la Striscia di Gaza. E’ l’obiettivo degli attivisti di Free Gaza Movement, associazione attiva da anni nei territori occupati palestinesi.
Martedì 28 ottobre esponenti dell’associazione e attivisti provenienti da Stati Uniti e Europa salperanno alla volta di Gaza dove l’arrivo è previsto per mercoledì 29 ottobre.
Si tratta del secondo viaggio che intende aggirare il divieto di accesso nei territori occupati militarmente dall’esercito israeliano. Lo scorso 23 agosto infatti 57 persone, tra cui medici, giornalisti, attivisti di 17 paesi diversi, una suora cattolica e un sopravvissuto all’Olocausto, sono riusciti a entrare nel Porto di Gaza, senza dover attraversare i territori israeliani (e rischiare espulsioni e detenzione) o dover chiedere permesso alle autorità israeliane.
Stiamo parlando di una conquista incredibile, difficilmente comprensibile per chi non vive da quasi un secolo sotto la morsa dell’apartheid cui sono soggiogati i cittadini palestinesi tra posti di blocco, divieti, controlli, carri armati e presidio perenne delle forze armate di Israele. Prima del 23 agosto 2008 purtroppo nessuna imbarcazione da ben 41 anni era riuscita a raggiungere il Porto di Gaza sul Mediterraneo.
Tanto meno quelle che battono bandiera palestinese dato che da 15 anni i pescatori della Striscia non possono più lavorare nelle loro acque territoriali. Pena l’apertura del fuoco israeliano contro i pescherecci. Questo in barba alle risoluzioni ONU che concedono agli abitanti della Striscia di poter navigare nelle 20 miglia di mare su cui le loro terre si affacciano.
E in queste ore Free Gaza Movement è di nuovo in azione! per portare sostegno nella Striscia di Gaza e fare pressione sul governo israeliano affinché cancelli l’assurdo divieto di navigazione e attracco a Gaza.
L’associazione ha ufficialmente comunicato al governo di Tel Aviv le proprie intenzioni d’ingresso nel Porto.
“Abbiamo informato Israele e le forze d’occupazione della Striscia di Gaza – si legge nel comunicato stampa dell’associazione – che entreremo nel Porto di Gaza il 29 ottobre. Ci aspettiamo che non ci sia alcuna interferenza dalle autorità israeliane.
Non accetteremo mai che ci sia impedito l’accesso!”.Israele in ogni caso non è rimasto a guardare in silenzio e, come informano gli organizzatori della traversata, continua a fare pressioni a quanti collaborano con Free Gaza Movement perché le due imbarcazioni recedano dal proprio obiettivo. Ad agosto, le minacce e le intimidazioni sono state pesanti ma ciononostante gli attivisti sono entrati in Porto. E in queste ore l’esercito sta cercando di opporsi alla determinazione di quanti sono su Liberty e Free Gaza.
“E’ ridicolo – commenta Greta Berlin, statunitense tra i promotori dell’iniziativa – che Israele sia così spaventato da noi. Noi che portiamo a Gaza medici, diritti, attivisti tra cui il Premio Nobel per la Pace Maiead Maguire. Con noi abbiamo pure medicinali e non esiste alcuna ragione per cui Israele debba bloccare o impedire il nostro attracco a Gaza”.

L’ Associazione Ya Basta! partecipa direttamente all'iniziativa e la sostiene:
su www.globalproject.info e www.yabasta.it continui aggiornamenti direttamente dalla Liberty e dalla Free Gaza
News
Ascolta:
26.10 Corrispondenza con Vilma Mazza, Associazione Ya Basta [ audio ] (ita)
26.10 Intervista ad Huwaida portavoce del Free Gaza Mouvement - parte 1 - parte 2 (eng)
26.10 l’intervista realizzata dall’Associazione Yabasta, in collaborazione con globalproject.info, al Dr. Mustafa Barghouti leader di Almubadara ed esponente della società civile palestinese.
Leggi:
Approfondimenti:
WebSite:
Free Gaza[ Eng ]

Free Gaza Movement

2008: Dura da quarant'anni
"Il 2008 segna il quarantesimo anniversario della Guerra dei sei giorni, durante la quale l'esercito israeliano ha preso il controllo della Striscia di Gaza e della Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est. Questa situazione continua sino ad oggi malgrado il fatto che Israele infrange, così facendo, le leggi internazionali sui diritti umani e trasgredisca a più di 60 risoluzioni dell'ONU." - Fine all'0ccupazione!

Il nostro progetto
Vogliamo rompere l'assedio di Gaza. Vogliamo risvegliare la coscienza mondiale sulla situazione di prigionia nella quale Gaza si trova rinchiusa, fare pressione sui governi internazionali affinché rivedano la politica di sanzioni che flagella la Palestina e mettano un termine al loro continuo sostegno all'occupazione di Israele. Noi vogliamo appoggiare il diritto dei Palestinesi ad accogliere le persone che vogliono venire in Palestina: gli attivisti per i diritti umani, i giornalisti, e chiunque.

Chi siamo?
Noi siamo esattamente queste persone, operatori umanitari, attivisti per i diritti umani, lavoratori volontari, giornalisti. Abbiamo alle spalle anni di esperienza di volontariato nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania invitati dai Palestinesi. Ma adesso l'accerchiamento di Israele, che occupa illegalmente la Palestina, si é ancora più intensificato, e molti fra di noi si vedono rifiutare da Israele il diritto di entrare in Palestina. Malgrado l'urgenza che c'è di portare il nostro aiuto, il governo israeliano non ci permette l'accesso al territorio palestinese. Apparteniamo a tutti i diversi strati della società. Nei nostri paesi, siamo insegnanti, medici, musicisti, segretarie, genitori, nonni, avvocati, studenti, attivisti, attori, scrittori, politici, cantanti, web designers, consulenti internazionali, e fra di noi c'è persino un anziano lavoratore dell'industria del cinema di Hollywood e un aviatore. Siamo Sud Africani, Australiani, Americani, Inglesi, Israeliani, Italiani, Palestinesi, e ancora di altre nazionalità.

Cosa faremo?
Abbiamo cercato di entrare in Palestina via terra. Abbiamo cercato di arrivarci per via aerea. Adesso facciamo sul serio: salpiamo le ancore, ci andremo via mare.

sabato 25 ottobre 2008

CI STANNO MASSACRANDO!!

Dal territorio indigeno della Colombia
Consejo Regional Indígena del Cauca (CRIC)

All’inizio della lotta del CRIC ci ammazzarono gli scagnozzi assoldati dai proprietari terrieri. Poi sono stati i gruppi paramilitari in collusione con gli organi dello Stato, e lo ha fatto anche la guerriglia. Nelle ultime mobilitazioni la forza pubblica ha provato meccanismi e strumenti per assassinarci impunemente, ogni volta sempre più usuali, anche grazie all’indolenza dell’opinione pubblica che permette e accetta che si attui al di fuori della Costituzione e della legge dall’interno dello Stato, contro la popolazione povera della Colombia.

Oggi, ci troviamo di fronte una polizia che nel nome della legittimità dello Stato, applica la forza in maniera sproporzionata, esegue la pena di morte e assassina quella popolazione che ha l’obbligo costituzionale di difendere. Con carri armati, armi convenzionali e non, con machete e colpi di fucile, aggrediscono tutti noi che ci mobilitiamo, pretendendo di cancellare la loro ingnominia e il disconoscimento degli elementi minimi di uno Stato di Diritto.

Dopo assassini, ferirmenti, disconoscimento dei diritti fondamentali, addirittura mentono affermando che sono gli stessi indigeni e i settori popolari coloro che si stanno autoeliminando o che hanno patti d’alleanza con la guerriglia e che nell’usare esplosivi ci stiamo uccidendo da soli. Con ciò non solo vogliono coprire i propri crimini ma preparare le condizioni e le giustificazioni per realizzare un massacro.

Nel frattempo alcuni settori d’opinione richiedono il dialogo, interessati alla viabilità della via Panamericana, nonostante sembrino già abituati alla morte come argomento di difesa dello Stato, e non mostrano preoccupazione per le violazioni dei Diritti umani messe in atto dalla forza pubblica nella cittadina de la María. Tuttavia settori popolari e democratici manifestano pubblicamente per la difesa della vita e della Costituzione, e sanno che questa è una lotta di tutti per salvare quel poco che ci rimane di Stato di Diritto.

La Defensoria del popolo ha richiamato al rispetto dei diritti umani e al dialogo e ciò è parte delle sue funzioni; esigiamo pertanto che questo organismo, istituito con la Costituzione del 1991, svolga il suo ruolo e sia garante del rispetto dello Stato sui diritti umani; la defensoria del popolo deve essere presente nella zona e accertarsi delle modalità con cui sta svolgenzo l'azione della forza pubblica, che armi non convenzionali e convenzionali sta utilizzando, la presenza di persone civili armate protette dalla polizia, la violazione delle case; la defensoria deve chiarire davanti alla comunità nazionale e internazionale chi sono coloro che non lasciano passare le ambulanze poiché l’esercito e i mezzi di comunicazione che diffondono i suoi comunicati dicono che siamo noi, e noi sosteniamo e sappiamo che è la forza pubblica che lo impedisce. Ci rivolgiamo al Difensore del Popolo Nazionale perché comprenda che qua non vige la Costituzione colombiana e che è dovere della Defensoria provvedere perché non accada tutto questo.

Nello stesso modo, ci rivolgiamo al sistema delle Nazioni Unite, alla tavola umanitaria del Cauca e alla comunità internazionale, perché possano vedere e possano comunicare al mondo intero ciò che sta succedendo nella cittadina di la María. Se si definiscono verità e giustizia come basi fondamentali della pace e della convivenza, queste non solo bisogna cercarle dopo che i fatti verrano chiariti ma anche adesso, nel presente di questa guerra che si materializza contro la popolazione.

Più di sessanta feriti, un morto, un altro corpo abbandonato e preso a machetate al quale la Polizia non permette arrivare, l’uso di armi non convenzionali e convenzionali e procedimenti non autorizzati né legalmente né eticamente, il rimbombo della bugia come verità dello Stato, i carri armati che avanzano per le vie secondarie, gli elicotteri che circondano l’area indigena, il territorio de la María trasformato in un campo di guerra, tutto questo merita e esige che le istituzioni nazionali e internazionali dei diritti umani, e tutti i democratici del mondo fermino questo massacro.

Nella misura in cui questo territorio indigeno è stato trasformato in un campo di morte e guerra, si sentono voci circa il fatto che attori armati della guerriglia pretendono di pescare nel fiume in piena, poiché come per lo Stato anche a loro solo interessa l’intensificazione del conflitto. Rifiutiamo qualsiasi azione di questi attori, e richiediamo il rispetto alla mobilitazione e autonomia del movimento sociale e il rispetto dei diritti umani.

Leggi l’articolo originale in castigliano

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!