mercoledì 7 gennaio 2009

La trama di Corazon del Tiempo

In un villaggio del Chiapas, nel più profondo della Selva Lacandona, Sonia mette tutti di fronte alle intime rivoluzioni del suo cuore nel tempo della lotta e della resistenza.
“Promessa” nella maniera tradizionale di sposarsi con Miguel, valoroso dirigente giovanile della comunità, che conosce dall'infanzia, Sonia si innamora, ricambiata del tenente insurgente Julio.
Intorno a Sonia si muove, in un mondo quasi magico, la sorella minore Alicia, insieme alla nonna Zoraida, che con l'esperienza della vita vissuta, riporta sulla terra gli occhi avidi e sognatori della nipote.
La decisione di Sonia mette alla prova le volontà e le convinzioni.
Come in un onda espansiva la commozione si allarga alla famiglia, alla comunità ed anche alla stessa organizzazione armata che si nasconde nelle montagne.
Intanto il mondo si muove. L'Esercito del Governo occupa le terre ribelli e cerca di stringere l'assedio. Sotto il rumore degli elicotteri di guerra, le donne indigene fermano i soldati facendo muro con i loro corpi.
L'elettricità che il Governo non ha mai voluto dare sta per arrivare alla comunità: Miguel riceve l'incarico di far passare la turbina attraverso l'assedio militare.
Fedeli al fatto di essere se stessi e di cambiare costantemente, i moderni Maya della Selva Lacandona hanno intrapreso una trasformazione profonda per il Messico e forse per il mondo.
Con questa intensità trascorrono i giorni del tempo indigeno.
Mezzo secolo prima l'amore aveva permesso a Zoraida di lasciare la schiavitù dei suoi antenati nel latifondo per andarsene a “fondare” la selva insieme al suo uomo. Ora alla fine del secolo, l'amore fa sì che Sonia sfidi la tradizione ed anche le nuove “abitudini” rivoluzionarie.
Mateo è il tormentato padre di Sonia, Alice ed anche dell'ironico Valente.
Susanna, la madre, vive le contrarietà che la mettono di fronte alle insoddisfazioni del suo passato.
Mateo, Susanna così come gli altrio padri e madri della comunità appartengono alla generazione che ha rotto i ponti e ha detto "Ya Basta!" il Primo Gennaio del 1994. Loro sono quelli che videro e vissero la necessità di ribellarsi contro il “mal governo” .
Anche la natura partecipa alla storia. La milpa, i fiumi, le montagne e gli animali sono personaggi che influiscono nel destino dei Tojol Winik , gli uomini “verdaderos”,
La famiglia, l'assemblea comunitaria e l'esercito insurgente, immersi nell'occhio dell'uragano della storia, dovranno vivere la commozione di Sonia innamorata.
In un mondo in cui tutto cambia, in una terra straordinaria di indigeni liberi, che hanno deciso di non arrendersi, la passione di una donna si gioca il senso della sua libertà nel cuore del tempo.

Vedi il trailer
Il film è sottotitolato in italiano

Equipe
Regia Alberto Cortes
Sceneggiatore Hermann Bellinghausen
Direttore della fotografiaMarc Bellver
Direttrice Artistica Ana Solares
Addetto al suono Emilio Sebastian Cortes Guerra

martedì 6 gennaio 2009

Manifestazione Antirazzista

Appello per la Manifestazione Antirazzista a carattere nazionale– 18 Aprile 2009 - Castelvolturno

Stanchi del Razzismo ! per un patto sociale di solidarietà

Diritti, dignità e permesso di soggiorno per tutti !!!
La strage di camorra che il 18 settembre sterminò 7 innocenti, un italiano e 6 africani a Castel Volturno, ha portato all’attenzione nazionale un territorio abbandonato da anni. Ma dopo la caccia ai camorristi si è aperta la “caccia” agli immigrati senza permesso di soggiorno: lavoratori, spesso vittime di un intollerabile sfruttamento, in un clima di omertoso silenzio! Ciò avviene perché l’attuale legislazione impedisce la regolarizzazione degli immigrati “imprigionando” uomini e donne nella clandestinità.
I lavoratori immigrati che vi invitano a questa mobilitazione sono gli stessi lavoratori stagionali che raccolgono le arance, le patate, i pomodori ma anche chi viene licenziato dalle fabbriche ed insieme al lavoro perde anche il diritto ad avere il permesso di soggiorno. E’ la logica spietata di chi vuole braccia ma non persone e che usa la discriminazione degli immigrati per peggiorare le condizioni e i livelli di garanzia di tutti i lavoratori. La crisi colpisce duro, italiani e immigrati, eppure per rispondere alla crisi il governo produce differenze. E’ la strategia del “dividi e comanda” con un razzismo istituzionale sempre più strutturato, che sfiora i confini dell’apartheid. A fare da sfondo c’è il pericoloso clima di criminalizzazione degli immigrati, che alimenta la guerra tra poveri con l’inquietante corollario di ronde e linciaggi. Eppure abbiamo tanti problemi in comune: tutti abbiamo mutui e affitti da pagare, mentre i tagli alla scuola e al welfare ricacciano in casa tantissime donne. Ai migranti però è riservata una doppia precarietà, sempre sospesi sull’orlo dell’espellibilità e perciò ricattati. Così oltre un milione di donne straniere sono inchiodate al ruolo di badante, ma con orari interminabili e salari da fame. Gli immigrati oggi sostengono in maniera determinante le casse dell’Inps, eppure rischiano di non vedere mai la pensione:..
Il razzismo istituzionale serve a fare degli immigrati dei capri espiatori, per far si che a pagare il prezzo della crisi non siano i veri responsabili, finanzieri, banche e speculatori che si sono arricchiti a dismisura e intendono continuare a farlo! A questo scopo alimentano e strumentalizzano la paura sociale…

PER QUESTO IN TANTI SAREMO IL 18 APRILE A CASTELVOLTURNO:PER RIBADIRE CHE NON C’E’ SICUREZZA SENZA DIRITTI!

Il Governo non si ferma e vuole approvare il cosiddetto “Pacchetto Sicurezza”. Una serie di provvedimenti discriminatori verso gli immigrati (e non solo..): l’ingresso ed il soggiorno irregolare diventeranno reato! Chi è senza permesso di soggiorno rischierà la denuncia del medico curante, non potrà riconoscere un figlio, contrarre matrimonio, inviare i soldi ai familiari nei paesi di origine. Sarà ostacolato il rinnovo del permesso di soggiorno, sarà più difficile ottenere la residenza, verrà limitato il ricongiungimento familiare. Tutto ciò cosa c’entra con la sicurezza? Ciò favorirà soltanto la criminalizzazione degli immigrati nell’immaginario collettivo, richiederà ingenti fondi economici a soli scopi repressivi, provocherà l’esclusione sociale dei migranti, non sarà utile al contrasto delle mafie o al sentimento diffuso di insicurezza.
Ma una speranza diversa viene dal nuovo protagonismo degli immigrati stessi e dalla crescente indignazione di tanti, come quei medici che vogliono curare e non denunciare, e tutti quelli che non ci stanno ad accettare la cultura dell’odio, del razzismo, delle leggi speciali.

NON RESTARE INDIFFERENTE!! NON AVER PAURA!!

Da Castel Volturno, per abbattere i ghetti, per i diritti di cittadinanza, per emergere dalla clandestinità. Contro il lavoro nero, la speculazione, lo sfruttamento e l’usura che assediano questo territorio. I diritti in comune, a partire dalla qualità del lavoro per tutti, sono la base per una vera rinascita!
Chiediamo che in Campania e nelle altre regioni nascano finalmente vere strutture di accoglienza per i migranti, per risolvere le situazioni di maggiore disagio abitativo e sociale
Per il ritiro del “PACCHETTO SICUREZZA”, l’abrogazione della Bossi-Fini e delle altre norme discriminatorie.
Contro tutti i razzismi, le camorre, la repressione e la militarizzazione del Territorio.
Contro l’istituzione di Centri di Detenzione dei migranti in Campania e altrove. Utilizziamo i fondi stanziati per essi in iniziative di sostegno ai lavoratori colpiti dalla crisi.
Perché i cittadini italiani e stranieri possano liberarsi della camorra e costruire vera sicurezza sociale tramite il diritto al reddito, alla casa, al lavoro, alla salute, allo studio.
Contro la clandestinità, per l’emersione dei migranti da anni in Italia ma ancora irregolari;
Chiediamo che i permessi di soggiorno siano congelati in caso di licenziamento, cassa integrazione, mobilità, sospensione dal lavoro; che i migranti, così come tutti quei lavoratori che non usufruiscono di ammortizzatori, partecipino alla pari di ogni altro lavoratore alle misure di sostegno e vedano salvaguardati i contributi che hanno versato;Chiediamo che i migranti e tutti i lavoratori possano rinegoziare i loro mutui in caso di perdita del lavoro; il blocco degli sfratti per tutti i lavoratori e le lavoratrici nella stessa condizione, perché sappiamo che un migrante senza contratto di locazione diventa un lavoratore clandestino;
Per garantire il diritto di asilo e di accoglienza. Per il diritto di voto, il diritto alla cittadinanza.
Manifestazione nazionale a Castelvolturno
Sabato 18 Aprile
Concentramento ore 10,00 American Palace

domenica 4 gennaio 2009

Palestina somos todos


Quarto Vento: Una degna rabbia organizzata
Intervento del Subcomandante Marcos nella sessione mattutina del 4 gennaio 2009.
Buon pomeriggio.
È con noi Don Luis Villoro. Se mi permette, il compagno Luis Villoro.
La sua vicinanza ai popoli indio di questo paese non è successiva al 1994, ma lo precede in vari calendari.
Nel nostro caso, le zapatiste, gli zapatisti, il suo appoggio è stato vitale. Lo dirò chiaramente: più di uno, di una, nelle comunità indigene, è viva, vivo, e lotta grazie all’appoggio di questo uomo. E mai, mai, si insinuò che si aspettasse qualcosa in cambio del suo appoggio, cosa che invece hanno fatto altri, altre.
In lui abbiamo trovato un generoso ascolto e, da quando siamo balzati alla luce pubblica, ha tentato di capirci, ed i suoi pensieri non poche volte sono stati il combustibile del nostro passo. E non sapete quanto sia stato difficile trovare, in questi 15 anni, qualcuno che cerchi di capirci e non di giudicarci.
Con lui, come con altri, abbiamo avuto ed abbiamo divergenze e le nostre discussioni molte volte sono state aspre, come per quanto si riferisce al movimento studentesco che 10 anni fa e dalla UNAM, ci meravigliò e insegnò a noi zapatisti
Con tutte queste differenze, nel nostro cuore non c’è mai stato il minimo dubbio delle sue convinzioni e impegno da questa parte, in basso e a sinistra.
Catalogare "di destra" chi non la pensa come noi, come un orribile e vile striscione dichiarava ieri, è la manifestazione di un atteggiamento di chi vuole imporre fatta, paradossalmente, da chi dice di rivendicare un atteggiamento libertario. Forse non ne so molto, ma per quanto ci arrivo, l’anarchismo libertario non esime dal conoscere. E bisogna conoscere prima di giudicare e condannare.
È un onore, Don Luis, averla oggi dalla nostra parte, come è da 15 anni.
Il mondo che sogniamo non è un mondo con unanimità di pensiero, canche se il nostro, il pensiero zapatista, né con l’egemonia imposta che questa implica.
Salute Don Luis, volevamo solo dirle che lei ha, da lunghi calendari, un posto nel cuore scuro che ci anima.
Si suppone che dopo l’intervento di Moy, del Tenente Colonello Insurgente Moisés, io dovrei leggervi un racconto. Lo farò dopo, ora dobbiamo dire qualcosa d’altro.
Di semine e raccolti.
Forse quello che dirò non c’entra col tema centrale di questo tavolo, o forse sì.
Due giorni fa, lo stesso giorno in cui la nostra parola faceva riferimento alla violenza, Condoleeza Rice, funzionaria del governo nordamericano, dichiarava che quello che sta succedendo a Gaza è colpa dei palestinesi, per la loro natura violenta.
I fiumi sotterranei che percorrono il mondo possono cambiare geografia, ma intonano lo stesso canto.
E quello che ora sentiamo è di guerra e di dolore.
Non molto lontano da qui, in un luogo chiamato Gaza, in Palestina, in Medio Oriente, qui vicino, un esercito fortemente armato ed addestrato, quello del governo di Israele, continua la sua avanzata di morte e distruzione.
I passi seguiti fino ad ora sono quelli di una guerra militare classica di conquista: prima un bombardamento intenso e massiccio per distruggere postazioni militari “nevralgiche” (così le chiamano i manuali militari) e per “neutralizzare” le fortificazioni di resistenza; poi il ferreo controllo dell’informazione: tutto ciò che si sente e si vede “nel mondo esterno”, cioè, esterno al teatro delle operazioni, deve essere selezionato con criteri militari; ora fuoco intenso di artiglieria sulla fanteria nemica per proteggere l’avanzata delle truppe verso nuove posizioni; poi i sarà l’accerchiamento e l’assedio per indebolire la guarnizione nemica; quindi l’assalto che conquisti la posizione annichilendo il nemico, poi la "pulizia" di possibili "sacche di resistenza".
Il manuale militare della guerra moderna, con alcune variazioni e appendici, viene seguito passo passo dalle forze militari d’invasione.
Noi non sappiamo molto di questo e, sicuramente, ci sono specialisti del cosiddetto "conflitto in Medio Oriente", ma da questo angolo di mondo dobbiamo dire qualcosa:
Secondo le foto delle agenzie d’informazione, i punti "nevralgici" distrutti dall’aviazione del governo di Israele sono abitazioni, capanne, edifici civili. Non abbiamo visto nessun bunker, né quartiere o aeroporto militare, o batteria di cannoni, tra quanto distrutto. Allora noi, scusate la nostra ignoranza, pensiamo che o gli artiglieri degli aerei hanno pessima mira o a Gaza non esistono tali punti militari "nevralgici".
Non abbiamo l’onore di conoscere la Palestina, ma supponiamo che in quelle case, capanne ed edifici abitava gente, uomini, donne, bambini ed anziani, e non soldati.
Non abbiamo visto nemmeno fortificazioni di resistenza, solo macerie.
Fino ad ora abbiamo visto il vano sforzo di assedio informativo ed i diversi governi del mondo dubitare tra scaricare le responsabilità o applaudire all’invasione, ed una ONU, già inutile da tempo, tirare fuori tiepidi comunicati stampa.
Ma aspettate. Ci è vento in mente adesso che forse per il governo di Israele quegli uomini, donne, bambini ed anziani sono soldati nemici e, come tali, le capanne, case ed edifici dove abitano sono quartieri che bisogna distruggere.
Quindi sicuramente i fuochi di artiglieria che questa mattina cadevano su Gaza erano per proteggere da quegli uomini, donne, bambini ed anziani l’avanzata della fanteria dell’esercito di Israele.
E la guarnigione nemica che vogliono indebolire con l’assedio intorno a Gaza non è altro cosa che la popolazione palestinese che vive lì. E che l’assalto cercherà di annichilire questa popolazione. E che qualsiasi uomo, donna, bambino o anziano che riesca a scappare, nascondendosi, dall’assalto prevedibilmente sanguinoso, sarà poi "cacciato" affinché la pulizia sia completa ed il comandante militare al comando dell’operazione possa riferire ai suoi superiori "missione compiuta".
Scusate di nuovo la nostra ignoranza, forse quello che stiamo dicendo non faccia al caso. E che invece di ripudiare e condannare il crimine in corso, come indigeni e guerrieri quali siamo, dovremmo discutere come e prendendo posizione nella discussione su "sionismo" o "antisemitismo", o che al principio erano le bombe di Hamas.
Forse il nostro pensiero è molto semplice, e ci mancano le sfumature e postille sempre necessarie nelle analisi ma, per noi, zapatiste e zapatisti, a Gaza c’è un esercito professionista che sta assassinando una popolazione indifesa.
Chi in basso e a sinistra può restare in silenzio?
Serve dire qualcosa? Le nostre grida fermano le bombe? La nostra parola, salva la vita di qualche bambino palestinese?
Noi pensiamo che sì, serve, che forse non fermeremo una bomba né la nostra parola si trasformerà in uno scudo blindato che impedisca che quella pallottola calibro 5.56 mm o 9 mm, con la sigla "IMI", "Industria Militare Israeliana" stampata alla base della cartuccia, arrivi nel petto di una bambina o un bambino, perché forse la nostra parola riesca ad unirsi ad altre in Messico e nel mondo e forse prima si trasformi in mormorio, poi a voce alta, e quindi in un grido che si senta a Gaza.
Non sappiamo voi, ma noi zapatiste e zapatisti dell’EZLN sappiamo quanto sia importante che, in mezzo alla distruzione e alla morte, sentire parole di incoraggiamento.
Non so come spiegarlo, ma sembra che le parole da lontano forse non riescono a fermare una bomba, ma sono come se si aprisse una crepa nella nera stanza della morte e si accendesse una piccola luce.
Per il resto, succederà quello che succederà. Il governo di Israele dichiarerà di aver inferto un duro colpo al terrorismo, occulterà al suo popolo la dimensione del massacro, i grandi produttori di armi avranno ottenuto un respiro economico per affrontare la crisi e "l’opinione pubblico mondiale", quell’ente malleabile e sempre a modo, si volterà a guardare da un’altra parte.
Ma non solo. Succederà anche che il popolo Palestinese resisterà e sopravvivrà e continuerà a lottare e continuerà ad avere la simpatia del basso per la sua causa.
E, forse, un bambino o una bambina di Gaza sopravvivranno. Forse cresceranno e, con loro, il coraggio, l’indignazione, la rabbia. Forse diventeranno soldati o miliziani di qualcuno dei gruppi che lottano in Palestina. Forse combatteranno contro Israele. Forse lo faranno sparando un un fucile. Forse immolandosi con una cintura di cartucce di dinamite legata in vita.
Ed allora, in alto, scriveranno sulla natura violenta dei palestinesi e faranno dichiarazioni di condanna di quella violenza e si tornerà a discutere su sionismo o antisemitismo.
E nessuno domanderà chi ha seminato ciò che sta raccogliendo.
Per gli uomini, donne, bambini ed anziani dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale.
Subcomandante Insurgente Marcos Messico, 4 gennaio 2009

venerdì 2 gennaio 2009

Palestina - A Gaza è un lento morire in vano ascolto

di Vittorio Arrigoni - Guerrilla radio
ore 18.o5, Marna house, Gaza city.
Nell’aria acre odore di zolfo, nel cielo lampi intermezzano fragorosi boati. Ormai le mie orecchie sono sorde dalle esplosioni e i miei occhi aridi di lacrime dinnanzi ai cadaveri.
Mi trovo dinnanzi all’ospedale di Al Shifa, il principale di Gaza, ed è appena giunta la terribile minaccia che Israele avrebbe deciso di bombardare la nuova ala in costruzione. Non sarebbe una novità, ieri è stato bombardato l’ospedale Wea’m. Insieme ad un deposito di medicinali a Rafah, l’università islamica (distrutta), e diverse moschee sparse per tutta la striscia. Oltre a decine di installazioni CIVILI.
Pare che non trovando più obiettivi "sensibili", l’aviazione e la marina militare si diletti nel bersagliare luoghi sacri, scuole e ospedali.
E’ un 11 settembre ad ogni ora, ogni minuto, da queste parti, e il domani è sempre una nuovo giorno di lutto, sempre uguale. Si avvertono gli elicotteri e gli aerei costantemente in volo, quando vedi il lampo, sei già spacciato, è troppo tardi per mettersi in salvo.
Non ci sono bunker antibombe in tutta la Striscia, nessun posto è al sicuro.
Non riesco a contattare più amici a Rafah, neanche quelli che abitano a Nord di Gaza city, spero perchè le linee sono intasate. Ci spero. Sono 60 ore che non chiudo occhio, come me, tutti i gazawi.
Ieri io e altri 3 compagni dell’ISM abbiamo trascorso tutta la nottata all’ospedale di al Awda del campo profughi di Jabalia. Ci siamo andati perchè temevamo la tanto paventata incursione di terra che poi non si è verificata. Ma i carri armati israeliani stazionano pronti lungo il confine tutto il confine della Striscia, il loro cingoli affamati di corpi pare si metteranno in funerea marcia questa di notte.
Verso le 23:30 una bomba è precipitata a circa 800 metri dall’ospedale, l’onda d’urto a mandato in frammenti diversi vetri delle finestre, ferendo i feriti. Un’ ambulanza si è recata sul posto, hanno tirato giù una moschea, fortunatamente vuota a quell’ora. Sfortunatamente, anche se non di sfortuna ma di volontà criminale e terroristica di compiere stragi di civili, la bomba israeliana ha distrutto anche l’edificio adiacente alla moschea, distruggendolo.
Abbiamo visto tirare fuori dalle macerie i corpicini di sei sorelline. 5 sono morte, una è gravissima.
Hanno adagiato le bambine sull’asfalto carbonizzato, e sembravano bamboline rotte, buttate via perchè inservibili. Non è un errore, è volontario cinico orrore.
Siamo a quota 320 morti, più di un migliaio i feriti, secondo un dottore di Shifa il 60% è destinato a morire nelle prossime ore, nei prossimi giorni di una lunga agonia.
Decine sono i dispersi, negli ospedali donne disperate cercano i mariti, i figli, da due giorni, spesso invano. E’ uno spettacolo macabro all’obitorio. Un infermiere mi ha detto che una donna palestinese dopo ore di ricerca fra i pezzi di cadaveri all’obitorio, ha riconosciuto suo marito da una mano amputata. Tutto quello che di suo marito è rimasto, e la fede ancora al dito dell’amore eterno che si erano ripromessi.
Di una casa abitata da due famiglie, è rimasto ben poco dei corpi umani. Ai parenti hanno mostrato un mezzo busto, e tre gambe.
Proprio in questo momento una delle nostre barche del Free Gaza Movement sta lasciando il porto di Larnaca in Cipro. Ho parlato coi miei amici a bordo. Eroici, hanno ammassato medicinali un pò in ogni dove sull’imbarcazione. Dovrebbe approdare al porto di Gaza domani verso le 8 am. Sempre che il porto esista ancora dopo quest’altra notte di costanti bombardamenti. Starò in contatto con loro tutto questo tempo.
Qualcuno fermi questo incubo. Rimanere in silenzio significa supportare il genocidio in corso. Urlate la vostra indignazione, in ogni capitale del mondo "civile", in ogni città, in ogni piazza, sovrastate le nostre urla di dolore e terrore.
C’è una parte di umanità che sta morendo in pietoso ascolto.
Vik in Gaza
Vittorio Arrigoni

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!