martedì 15 dicembre 2009

COP.enhagen


Uno dei momenti indubbiamente più interessanti delle nostre giornate a COP15, è la nostra assemblea. Senza voler fare esercizio di autocelebrazione, ma come di un dato di fatto relativo al resto, ad altro che sta da altre parti, quelle straorganizzate e sponsorizzate del KlimaForum, come quelle tendenti al trash dei luoghi “radicali”.

Duecento attivisti, la stragrande maggioranza dei quali molto giovani, che provengono da tante realtà di lotta territoriale, metropolitana, urbana, dell’università, delle scuole medie superiori, che affrontano questo caos con la giusta leggerezza di chi sa di non poter essere risolutivo di tutti i problemi, grandi e piccoli, ma anche con la determinazione a guardare le cose per ciò che sono. E a fare di tutto perché possano cambiare. Mi sono chiesto in questi giorni che cosa avvertono questi compagni di tutto ciò che sta accadendo. C’è una bella differenza per me che ho vissuto Seattle, tra quei giorni americani e questi in Danimarca. Diciamo pure dal giorno alla notte. Sono un poco preoccupato in effetti per questi ventenni: a loro non tocca la fortuna, ad esempio, di trovare insieme ad una moltitudine come quella che disobbediva nella “no demostration area” nella downtown della città della Microsoft e della Boeing, un nemico ben definito, chiaro, e assolutamente in calo di popolarità e legittimità come il WTO.

Qui il primo grande nodo, che colpevolmente tutti coloro che hanno organizzato tutte le iniziative, dentro, fuori, in mezzo, grandi piccole, autistiche o spettacolari, hanno occultato: chi è il nemico? “The Sistem” rispondono radicali e moderati, ma è come dire giovanni o toni o mario. E’ come dire niente. Qualcuno dei nostri in qualche riunione l’ha anche chiesto ad un infervorato oratore che cos’era “The Sistem”. L’America di Obama, le corporations della green economy o la Cina, che qui alla Conferenza ufficiale è divenuta addirittura portavoce dei paesi poveri (!!!). La risposta è che the sistem è tutto. Nemmeno i fratelli Wachowski in Matrix si sono spinti in tanta banalità. La crisi globale che scuote le fondamenta del capitalismo, le implicazioni che essa, nel suo divenire e triturare mosse e contromosse di Stati Governi e Borse, è come fosse un dettaglio. Si passa dall’ineluttabilità della vittoria finale del Popolo, alla scontata possibilità di chi comanda di fare da sé.

In mezzo a tutto questo vi sono loro, i miei compagni e le altre decine di migliaia di persone che hanno marciato sabato per ore. La grande organizzazione del corteo infatti, non si è tradotta in una parata di blocchi sindacali o partitici, e addirittura la testa si scioglieva immediatamente in mille rivoli, gruppi, individui che davano un senso vero di partecipazione, trasformando a colpo d’occhio l’eterogeneità in una potenziale forza comune. Quello era forse il momento giusto, la composizione giusta per investire, anche in termini di disobbedienza, la conferenza ufficiale. Quello era il momento di interrompere i lavori, di far uscire i delegati che giustamente gridano indignati dei maneggi che stanno avvenendo sulla pelle loro e di altri milioni di persone.

Ma anche qui, la separatezza tra la testimonianza e la pratica politica di vita, è stata sapientemente cercata: da chi gestiva palchi e interventi programmati a chi, in coda, si è reso facile strumento di provocazioni da stato di polizia che rischia addirittura di trasformarsi in una cosa ridicola tanto è esagerata. Oggi ci siamo incontrati con alcuni compagni di napoli mentre giravamo con le biciclette che sono il nostro ottimo mezzo di trasporto con cui ci muoviamo da una parte all’altra. Un presidio di Via Campesina si era trasformato da piccolo gruppo di persone ferme con bandiere e comizio, in un corteo spontaneo, con la gente che si univa felice di avere una scusa per andare in mezzo a strade ed incroci, alla faccia degli ordini della “politi”. “E’ bello, le guardie stanno in panico, non sanno che fare” dicevano. Altri di noi erano andati al porto, per l’iniziativa annunciata di blocco delle attività. Trecento persone, di cui duecento stranieri, tutti circondati ancor prima di poter muovere un passo e arrestati. E poi rilasciati. Al KlimaForum è pieno di gente, sempre.

Duemila, tremila persone che ruotano intorno alla sala orange, blue, grey, red in un centro congressi che in mezzo ha pure un hotel e una piscina. Bovè, Vandana Shiva, il rappresentante dei Navaho, le ong dell’america latina. Ognuno si presenta, ognuno dice più o meno le stesse cose, giuste, ma anche altre assolutamente prive di grandi significati. E altre ancora che meriterebbero una discussione, minimo. Tipo la grande celebrazione dei governi “rivoluzionari e socialisti” dell’America Latina. E con il Venezuela di Chavez, che si regge sul Petrolio, e quindi sulla speranza di aumento delle emissioni di CO2 nel mondo, come la mettiamo? E con i biocombustibili brasiliani per cui si deforesta l’Amazzonia? Dettagli. Come lo sono gli indici di crescita capitalistica dell’India, che fanno impallidire i più feroci capitalisti occidentali, ma non sono oggetto di discussione nemmeno per Vandana Shiva, che è impegnata nella presentazione di un’iniziativa sponsorizzata dalla regione toscana e dall’Emilia Romagna. Quando ci ritroviamo la sera, in assemblea, ci si scambia le impressioni. Si confrontano valutazioni e opinioni. Arrivano anche quelli di noi che seguono le riunioni del CJA preparatorie delle manifestazioni quotidiane. “Quanti saremo domani nessuno lo sa. E sulle modalità non si è parlato”. Certo, le provocazioni poliziesche stanno facendo aprire un po’ gli occhi anche agli strateghi più affinati. “Oggi hanno iniziato l’assemblea dicendo: se c’è un poliziotto qui dentro lo preghiamo di andarsene”.

Fiducia nella onestà delle forze dell’ordine. Abbiamo la nostra assemblea, mangiamo insieme, stiamo attenti a quello che accade ad ognuno di noi. Cerchiamo di disobbedire anche al caos, al fatalismo e alla coglioneria. Come una comunità nomade quando si accampa in un territorio abitato da altri, che non conosce. “bisogna avere una casa per andare in giro per il mondo” – dicono gli Assalti. Noi anche qui ce la siamo costruita. Ma non li invidio i ventenni: il compito per tutti, ma soprattutto per loro, è cercare di dare un senso alla necessità di cambiare il mondo. Ma farlo dove radicalità, passione, intelligenza collettiva, indipendenza, moltitudine, sono tutte cose ancora separate e lontane l’una dall’altra, è veramente difficile. Anche se hai la bici.

Luca Casarini

Norreport Station, 13 dicembre notte, cop.enhagen

Repressione a Copenhagen

La polizia danese ha reagito con arresti e violenze a ogni manifestazione di dissenso in questi giorni. Come se gli organizzatori del vertice non potessero ammettere nessuna disobbedienza



di Naomi Klein

Sabato sera, dopo un'intera settimana trascorsa a sfamarci nei punti ristoro e negli snack bar del centro delle conferenze di Copenhagen, con un gruppo di amici sono stata invitata a un'ottima cena preparata in casa da una famiglia danese come tante. Al termine di una serata trascorsa a guardare fissamente e con aria sbalordita i loro mobili eleganti e ben disegnati, alcuni di noi hanno chiesto: «Come mai i danesi sono così bravi in fatto di design?». E i nostri ospiti hanno risposto all'istante: «Siamo veri fanatici, quando si tratta di tenere le cose sotto controllo. Ciò nasce dal fatto che siamo un Paese molto piccolo e pressoché senza potere. Quindi dobbiamo avere controllo su tutto ciò che ci riesce». Allorché questa forma tutta danese di esclusione e controllo si estrinseca nella produzione di lampadari che affascinano in modo inconcepibile e di sedie per la scrivania comode in modo sbalorditivo, è sicuramente un bene. Quando però si tratta di ospitare un summit che dovrebbe cambiare il mondo, l'esigenza peculiarmente danese di tenere le cose sotto controllo si dimostra un problema molto serio.

I danesi hanno investito una quantità enorme di capitali per ribattezzare la loro capitale (oggi chiamata "Hopehagen", la città della speranza") in omaggio a un summit che si presume debba salvare il pianeta. Ciò non sarebbe un male se questo summit effettivamente si rivelasse sulla buona strada per salvare il pianeta, ma poiché le cose non sembrano andare così, i danesi stanno cercando freneticamente di cambiare noi.

Prendiamo per esempio le manifestazioni del weekend: alla fine sono state arrestate 1.100 persone, una vera pazzia. La marcia di sabato ha visto sfilare per le strade circa centomila persone, in concomitanza con una fase molto particolare e delicata dei negoziati sul clima, il momento stesso in cui da vari segnali pareva che le cose stessero per impantanarsi o per risolversi con un accordo dannosamente inadeguato. La marcia era gioiosa e pacifica, ma ad essa hanno preso parte persone molto determinate.

Il messaggio scandito era "Il clima non fa trattative", e in testa al corteo vi sarebbero dovuti essere i negoziatori occidentali. Quando un gruppetto di persone ha iniziato a lanciare dei sassi, facendo esplodere delle bombe sonore (no, non erano affatto colpi di arma da fuoco, come ha riferito con il fiato sospeso l'Huffington Post), i manifestanti li hanno consegnati subito alle forze dell'ordine, dando disposizione a tutte le persone responsabili di allontanarsi dalla manifestazione, cosa che hanno prontamente fatto. Mi trovavo anch'io nel corteo e confesso che nulla ha interferito con la mia conversazione. Definire tutto ciò un "tumulto", come ha fatto assurdamente il British Telegraph non è molto corretto nei confronti di coloro che partecipano veramente a gravi tumulti, e in Europa gli esempi abbondano. Non importa: i poliziotti di Copenhagen hanno preso a pretesto un piccolo vetro andato in frantumi per mettere dentro quasi un migliaio di persone, centinaia delle quali oltretutto sono state ammassate tutte insieme, costrette a restarsene sedute per ore sul marciapiedi gelido, con i polsi legati e in qualche caso anche le caviglie.
Secondo l'organizzatore della manifestazione Tadzio Müller, gli arrestati non avevano nulla a che fare con coloro che avevano lanciato sassi, ma sono stati trattati in modo "umiliante" e alcuni di loro si sono addirittura orinati addosso perché non hanno avuto il permesso di muoversi da dove erano stati sistemati. Gli arresti, che si sono susseguiti per tutta la settimana, sono parsi una sorta di monito molto chiaro: qualsiasi deroga dal messaggio "Hopenhagen" non è ben tollerata. Al summit ufficiale, i delegati a quanto pare si sono riuniti davanti ai televisori a schermo piatto per seguire l'irruzione della polizia e per osservare come gli agenti mettessero spalle al muro i gruppi di manifestanti. Per alcuni di loro ciò è sicuramente qualcosa di familiare. Dopo tutto, questo è quanto il governo danese e altre potenze occidentali stanno facendo qui da tutta la settimana: cercare di spezzare il blocco dei G-77 dei Paesi in via di sviluppo, utilizzando le consuete e classiche tattiche del divide et impera, che annoverano anche la strategia del mettere con lo spalle al muro con qualche offerta speciale soprattutto i Paesi più vulnerabili.

Fonte: L'Espresso 14.12.09

A Copenhagen non c'è mai pace ..

Nella notte tra il 14 e 15 dicembre la polizia a Christiania. 200 fermati.


Come una serata tranquilla si trasforma in un'ennessima operazione di polizia!

La delegazione italiana SYINC, come altre centinaia di persone danesi e straniere questa sera si è recata a Christiania per partecipare ad un dibattito con Naomi Klein e Michael Hardt organizzato dal CJA in preparazione della giornata "Reclaim Power" del 16 dicembre.

A conclusione del dibattito è iniziata una festa e molta gente si è fermata nei vari locali.

All'improvviso la polizia con un blindato e sparando lacrimogeni è entrata dentro Christiania iniziando a fermare le persone e detenendoli.

L'intervento, con l'uso di un elicottero che sorvolava la zona, è avvenuto dopo la costruzione di barricate sulla strada, da parte di qualcuno che poi all'arrivo delle forze dell'ordine è fuggito dentro il quartiere. A questo punto la polizia ha fatto irruzione.

Dalle telefonate che ci giungono la gente viene "selezionata" e fermata a "discrezione totale" della Politi che ha continuato fino a tarda notte a presidiare la zona.

Sono 200 le persone arrestate, 81 delle quali sono attivisti della rete italiana "See you in Copenhagen".

I fermati sono stati portati a Retortvej.

Nel corso della notte le persone vengono rilasciate. Degli italiani Luca Tornatore viene trattenuto e sarà processato in giornata. Pare che tre poliziotti testimonieranno di riconoscerlo come uno di quelli che ha partecipato a costruire le barricate. Una vera e propria provocazione. Ovviamente qualcuno bisognava tenere per cercare di giustificare un operativo di ingresso e fermi di massa a Christiania.

Tutto questo succede proprio a meno di 24 ore dalla giornata del 16 dicembre in cui è prevista l'iniziativa Reclaim the power al Bella Center dove si tiene Cop15.

domenica 13 dicembre 2009

13 dicembre - Primi aggiornamenti della giornata



Dopo che nella notte i fermati erano arrivati a 1000, poco a poco la polizia ha iniziato ha rilasciarli e questa mattina pare sia confermata la notizia che solo una decina di fermi sono stati trasformati in arresti.

Le persone rilasciate hanno denunciato il trattamento subito come vera e propria "tortura e violazione dei diritti umani".

Si è trattato di una grande operazione delle forze dell'ordine danesi che attraverso l'uso del "fermo preventivo", hanno voluto affermare un dispositivo di totale arbitrio per imporre "obbedienza".

Iniziano anche a chiarirsi le dinamiche provocatorie della polizia attuate per cercare di giusticare l'uso massiccio dei "fermi preventivi" e il tentativo di creare problemi nella manifestazione di ieri.

Utile per ricostruire quanto è avvenuto è il racconto che appare in Indymedia Danimarca e che vi proponiamo proprio per ricostruire l'operato provocatorio delle forze dell'ordine.

Articolo in inglese in Indymedia Danimarca

Questo Sabato un corteo di protesta si è svolta, organizzata da un'ampia coalizione di gruppi e ONG da circa 67 paesi diversi. Nonostante le differenze di opinione e politiche, l'accordo di tutti era che la protesta di ieri doveva essere non-violenta, e non serviva per provocare la polizia. Alla fine, 968 persone sono state arrestate e la polizia dice di essere stata costretta ad adottare misure forti per prevenire azioni di 'facinorosi' nascosti nella grande manifestazione di massa. Tuttavia, la polizia avrebbe potuto compiere scelte molto diverse:

Come ci si può aspettare, non tutto ciò che compone la campagna contro i cambiamenti climatici è concordato con gli organizzatori della grande protesta. Attivisti che non hanno voluto assumere il codice della non-violenza della grande protesta, e sottoscrivere le dichiarazioni a volte concilianti da parte degli organizzatori, si stavano radunando sotto lo slogan 'Never Trust A Cop'..

Hanno deciso di fare la loro protesta in altre parti della città. Circa all'una del pomeriggio questi attivisti aveva iniziato a raccogliersi in Højbro Plads. La polizia era presente e perquisiva le persone che arrivano in zona. Alle 13:35, come il quotidiano danese Politiken riporta sul loro internet newsfeed, la polizia dichiara che intende far confluire i manifestanti riuniti a Højbro Plads nella manifestazione principale. Di fronte a questo “suggerimento” ad unirsi alla protesta popolare di massa, i manifestanti in Højbro Plads aumentano. Non di meno, circa un'ora più tardi, alle tre e mezzo, la piazza viene transennata e la polizia comunica ai manifestanti di andare unirsi alla manifestazione di massa su Christiansborg Slotsplads. " La polizia, sempre secondo il giornalista di Politiken, rivolgendosi alle persone “vestite interamente di nero” usava queste parole:

"La manifestazione è partita, dovete muovervi adesso se volete farlo!"

In questo modo, contro la volontà di entrambi gli organizzatori della manifestazione di massa non-violenta e, presumibilmente, degli attivisti militanti stessi, si sono diretti verso la coda della protesta di massa. Quando poco prima di uscire 3 vetrine erano rotte e fuochi d'artificio lanciati, iniziano i problemi e gli attivisti che non potevano correre da nessuna parte, se non lontano dalla polizia e nella marcia di protesta di massa -e a quanto pare la polizia ha usato questo pretesto per arrestare più di 900 persone tra chi era finito a camminare in coda della manifestazione. Quando gli arrestati saranno stati rilasciati dai centri di detenzione, gli organizzatori dovranno gli eventi di ieri, e la polizia presto avrà domande da affrontare sulla motivazione e la purezza dei loro intenti nel creare le circostanze che hanno portato all'arresto di massa più grande della loro storia.

Oltre 100 mila hanno sfilato per le strade della capitale danese.

Corrispondenze dalla mobilitazione del 12 dicembre




E’ partita da Slotsplads Christiansborg / Parliament Square la manifestazione internazionale indetta per oggi, giornata globale di azione contro i cambiamenti climatici. Oggi la prima grande manifestazione in cui i movimenti di opposizione alla precarietà climatica hanno chiamato ad un impegno reale, tempestivo e improcrastinabile "i grandi" sul problema del riscaldamento globale.

Una manifestazione straordinaria, per partecipazione e composizione.

Nella giornata ci sono stati anche pesanti "fermi preventivi" fatti dalla polizia. 400 gli attivisti che sono stati condotti in uno dei centri di detenzione, creati appositamente per i manifestanti.

Clicca per ascoltare la cronaca audio:

ore 19.30 - Le mobilitazioni di questa lunga giornata non sono ancora concluse. Al termine della manifestazione è stato infatti deciso di convocare per le ore 21.00 di questa sera un corteo verso il centro di detenzione nel quale sono rinchiusi la maggior parte dei numerosissimi attivisti fermati oggi.

ore 17.30 - La corrispondenza conclusiva della giornata dal corteo con Vilma Mazza

ore 17.15 - L'intervento di Luca Tornatore dal camion del Cja.

ore 17.00 - Grandissima è la partecipazione alla manifestazione mentre la polizia continua a compiere provocazioni.

ore 16.45 - Il corteo si sta muovendo verso il Cop15 Bella Center.

ore 16.00 - Alcune riflessioni sulla giornata e sulla composizione della manifestazione con Luca Casarini che si trova alla testa del corteo.

ore 15.20 - Momenti di tensione alla confluenza del corteo. La diretta con Vilma Mazza.

ore 15.00 - Il corteo è partito. Azioni mordi e fuggi dei "black block". A questo punto la polizia ha cercato di caricare per dividere in due il corteo.

ore 14.15 - Luca Tornatore spiega la costruzione della manifestazione di oggi.

ore 14.00 - Dalla Piazza del Parlamento di Copenhagen sta per partire il corteo. In questo momento migliaia e migliaia sono le persone concentrate. Imponente la presenza delle forze dell'ordine.

ore 13.45 - Vilma descrive l'inizio del concentramento e raccoglie la testimonianza di Laura dal Climate Forum.

ore 13.30 - Con Tommaso Cacciari, un primo commento dopo la sua scarcerazione.

ore 13.00 - Conferenza stampa al concentramento del corteo, in cui si comunica la liberazione di Tommaso Cacciari e si rivendica la libertà per tutt* subito.

ore 12.00 - Tra poche ore si svolgerà la manifestazione che aprirà la settimana di mobilitazione a Copenhagen.

Un commento con Luca Casarini.

ore 11.00 - La prima corrispondenza della giornata con Vilma Mazza.


BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!